RECENSIONE AUTOART KOENIGSEGG REGERA (BLUE HORIZON) 1:18

Presentata al Salone di Ginevra nel 2015, la Koenigsegg Regera è la diretta discendente della Agera R. Subito fece parlare di se per le esuberanti prestazioni e caratteristiche: motore ibrido con più di 1500 CV, 2000 Nm di coppia e particolare trasmissione KDD. Il bolide scandinavo fu realizzato solamente in 80 unità e prometteva uno 0-400 km/h in meno di 20 secondi. Prestazioni da urlo. Riuscì infatti a guardare dall’alto verso il basso la “triade” Ferrari LaFerrari, McLaren P1 (qui la nostra recensione) e la Porsche 918 Spyder.

La Koenigsegg Regera al Salone di Ginevra 2015 nella colorazione Blue Horizon – Crediti: web

Regera in svedese vuol dire “regno” e infatti con questo bolide le prestazioni regnano. Come anticipato prima, la vettura è alimentata da un sistema ibrido plug-in (che AUTOart ha replicato abbastanza bene) composto da un motore V8 biturbo da 5.0 litri che riesce ad erogare una potenza di ben 1000 CV. Ad esso sono affiancati tre motori elettrici (montati due sulle ruote posteriori e il terzo nell’albero motore) che assieme erogano ulteriori 700 CV. Si intuisce sin da subito che la potenza complessiva di questa vettura svedese sia “stellare”.

Rappresentazione 3D del motore della Koenigsegg Regera – Crediti: koenigsegg.com
Particolare del poderoso motore della Regera – Crediti: web

Ma le particolarità non finiscono qui, poiché la vettura è provvista di una particolare trasmissione, detta KDD (Koenigsegg Direct Drive), migliore rispetto ai cambi tradizionali, assicurando una perdita d’energia minore del 50%. Un bolide che a secco pesa “soli” 1420 kg e con così tanti cavalli non può che avere prestazioni incredibili: 0-100 km/h in soli 2,8 secondi e 0-400 km/h in meno di 20 secondi. Siete pronti a farvi un giro?

LA REPLICA PROPOSTA DA AUTOART

  • Codice modello: AA79028
  • Serie: Composito
  • Data di uscita: 8/2020
  • Materiale: ABS + DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4+1)

Modello che ho atteso a lungo, quasi due anni da quando AUTOart lo annunciò. Avendo in collezione la Agera (DieCast) color Rosso, era doveroso prendere un colore diverso che si accostasse bene nel caso le avessi esposte “in coppia”. La mia decisione è subito ricaduta sulla Blue Horizon, colore molto particolare e non frequente tra le vetture sportive, che dà il meglio di sé grazie agli interni color tabacco (la Agera aveva interni di un grigio un po’ triste).

Un collezionista “vecchia scuola” come me, nell’aprire la scatola, ha notato subito una “piccola” differenza: la mancanza del Certificato di Autenticità. Un vero e proprio documento da sfoggiare orgogliosi nelle nostre teche e mensole assieme al modello che però la serie Composito ha brutalmente eliminato. Si ha come la sensazione che manchi quel qualcosa che soddisfaceva noi collezionisti, quella scritta (o dicitura) che confermava che il modello era stato certificato dalla casa madre e quindi aveva superato le aspettative. Con la prima serie della McLaren P1, già in Composito ma ancora attaccata alla serie Signature, il Certificato sopravviveva, per essere poi, da lì a poco, eliminato a favore della nuova serie.

Ne approfitto quindi per aprire una parentesi riguardo il tema “Composito”, cosa ha comportato per noi collezionisti, pro e contro. Lo dico subito e con sincerità: sono a favore della “filosofia” che c’è dietro il Composito. Unisce il meglio di due materiali (ABS e Zamac) restituendo un prodotto con potenzialità superiori. L’ABS dà la possibilità di modellare il corpo esterno con maggiore risoluzione. Questo significa avere nervature migliori, una muscolatura più scolpita del corpo vettura, minori tolleranze e migliori shutlines. Lo Zamac invece, relegato al corpo interno del modello, ha lo scopo di irrigidire l’intera struttura, evitando che all’apertura delle portiere queste “striscino” lungo i lati dell’apertura per via di una torsione del corpo del modello.

Alfa Romeo 4C di AUTOart, uno tra i primi modelli in Composito – Crediti: AUTOart

Fin qui sembra tutto ok, ma allora perché molti collezionisti hanno reagito negativamente alla serie Composito? L’errore, a mio parere, è stato sostanzialmente uno: eccessiva massimizzazione dei ricavi tramite taglio di alcuni particolari. Così facendo AUTOart ha erroneamente fatto accostare alla nuova serie Composito un calo dei dettagli. Come se la nuova scelta tecnologica avesse insito in sé un calo dei particolari. Ma ovviamente non è così.

Come detto prima, un esterno in ABS può portare solo vantaggi (se ben sfruttato). Vedasi i migliori kit, prodotti proprio in ABS. Oltre al vantaggio economico da parte di AUTOart (una scocca in ABS costa meno di una scocca in DieCast poiché richiede meno lavoro) i vantaggi in termini di dettagli sono indubbi. Il problema principale è stata l’introduzione di molti tagli relativi ai dettagli, tra cui la diminuzione delle parti stampate con la tecnica a tampone (di cui, vedremo, anche la Koenigsegg Regera ne è affetta), calo di qualità dei colori utilizzati sia negli interni che sul motore, calo dei dettagli al motore e taglio dei cinematismi, tra cui l’eliminazione delle sospensioni attive.

Scocca interna in DieCast – Crediti: AUTOart

Quest’ultima mancanza è da imputare, a parer mio, all’utilizzo parziale della sottoscocca in Zamac. Al fine di garantire le sospensioni attive sui modelli in Composito io avrei esteso l’utilizzo dello Zamac anche alla base del modello: in questo modo avrei scongiurato possibili “flessioni” del pianale e avrei potuto inserire sospensioni attive in totale tranquillità. Invece AUTOart ha deciso di mantenere il pianale in ABS (o forse non ha mai pensato di produrlo in metallo) accorgendosi, sicuramente, di non poter più inserire il cinematismo alle sospensioni per via di possibili deformazioni.

Crediti: AUTOart

Questo è stato un altro motivo in più che ha spinto alcuni collezionisti ad “odiare” questa nuova serie, dandole appellativi spesso poco gentili. Ma dai primi modelli di 5 anni fa ad oggi, qualche passo avanti si è fatto ma la strada è ancora lunga. Secondo me, AUTOart dovrebbe massimizzare il più possibile la stampa a tampone, rendere finalmente la fibra di carbonio lucida (ricoprendola magari con un sottile strato di vernice lucida o passare alle decal) e migliorare il dettaglio al motore. Quest’ultimo aspetto è tra i più importanti perché il collezionista che sceglie AUTOart la sceglie perché, in primis, ama i modelli apribili: da ciò ne consegue che fa attenzione ai dettagli interni, come abitacolo e motore, ed è in questi aspetti che un modello apribile ha quella marcia in più rispetto ad un modello in resina.

I PARTICOLARI ESTERNI

Aperta la scatola il modello sfoggia subito le sue linee aggressive ma allo stesso tempo morbide. Si nota subito una muscolatura abbastanza definita, spigoli netti dove ve ne è bisogno e shutlines un poco più precise rispetto alla “vecchia” Agera, tanto amata dai collezionisti. Il colore scelto da me è il Blue Horizon (presentato al Salone di Ginevra nel 2015), colore che esalta tantissimo il design della vettura e che abbinato agli interni color tabacco restituisce una combinazione vincente e molto bella da vedere.

Come di consuetudine passiamo alla vista frontale. Il modello si presenta abbastanza bene: non manca alcun dettaglio. L’occhio viene attirato immediatamente dallo splitter soffiato stampato a tampone, molto bello da vedere e dall’aspetto lucido. Avrà forse AUTOart corretto il tiro sull’aspetto del carbonio? Si fa presto a dire che non è così. La bella verniciatura del modello (vellutata e senza alcun effetto buccia d’arancia) non è totalmente lucida ma solo in parte quindi per contrasto dà l’illusione che la stampa a tampone sia più lucida. In realtà ha la stessa lucentezza della stampa a tampone della Agera del 2015. Poco male direi, visto le piccole “sorprese” non gradite che ci aspettano più avanti.

Come ci ha da sempre abituato AUTOart, ottima la fattura delle griglie (passanti e sottilissime). La stampa a tampone non presenta distorsioni o difetti di sorta.

I gruppi ottici sono ben replicati, sebbene la fibra interna alla lente sia eseguita in rilievo e non stampata. Peccato. Inoltre, AUTOart ha tralasciato i piccoli led puntuali che contornano i tre gruppi ottici, detti Daytime Running Lights (DRL). Capisco che è difficile renderli in scala per via della dimensione, inoltre se colorati in argento avrebbero dato la sensazione di essere perennemente accesi. Ma AUTOart poteva colorarli di un argento scuro (brunito) in modo tale da evidenziarli ma non troppo.

Il logo della Koenigsegg è reso molto bene, dall’aspetto metallico e nitido. Le tre bocchette d’areazione presentano la griglia passante e sono scolpite molto bene, con spigoli netti: è in questi casi che si nota la netta differenza tra una scocca in ABS e una in DieCast.

Lasciamo quindi il frontale ed esaminiamo gli altri dettagli disseminati sul modello. Come già anticipato, la muscolatura della vettura è resa molto bene. Le shutlines sono molto precise anche se capita di vedere ogni tanto qualche disallineamento. Spesso basta spingere sulla chiusura per allineare il pezzo ma in alcuni casi vi sono piccoli disallineamenti dovuti allo stampo o al montaggio. Siamo nell’ordine del decimo di mm ma per gli occhi più attenti sono visibili. È un peccato che AUTOart si perda in questi piccoli dettagli poiché sminuisce in parte i vantaggi dell’ABS.

Gli specchietti laterali, aperta la scatola, si trovano in busta (AUTOart fornisce un secondo paio di ricambio, come ha fatto per la Huayra) e vanno montati sulla portiera. Il montaggio è semplicissimo ma richiede un po’ di precisione. L’asta dello specchietto è stampata a tampone e in generale risulta ben scolpito. Il modello è pieno di griglie passanti, una ben visibile è quella subito dietro il piccolo lunotto posteriore.

Le grandi griglie laterali mostrano tutta la loro bontà: sono sottilissime e lasciano intravedere senza alcun sforzo il grande radiatore di raffreddamento posto dietro. Questi particolari ci riportano alle vecchie e care Signature (ormai un ricordo). Non mancano, sia sul cofano anteriore che posteriore, i piccoli inserti in carbonio corredati di griglia passante.

Non poteva mancare di certo il logo del fantasma sul cofano posteriore: ricorda una vicenda dolorosa per Christian von Koenigsegg ma anche di rinascita. Un brutto incendio aveva quasi del tutto distrutto il primo stabilimento costringendo il trasferimento in un vecchio hangar dove era presente lo squadrone Johan Röd dell’aviazione svedese che usava proprio il simbolo del fantasma sulla livrea. Davvero minuscole le diciture stampate sul lunotto posteriore, purtroppo non sono leggibili ma è chiaramente visibile il logo.

La stampa a tampone è presente anche sulle minigonne laterali. Anche in questo caso vi è una sensazione “amplificata” della lucentezza della fibra in carbonio a causa della parziale opacità della verniciatura. In realtà, ripeto, il grado di lucentezza è quasi pari ai vecchi modelli Signature.

Passiamo al posteriore. Purtroppo, qui si nota subito una grande mancanza: la stampa a tampone sul grande diffusore posteriore. In effetti non era d’obbligo inserire la tampografia sul diffusore poiché fa parte del pianale, che quasi mai si vede o si osserva bene. Ma le forme slanciate e sinuose della Regera disegnano un andamento spiovente al posteriore che alzano il diffusore e lo rendono estremamente visibile, Quindi in questo caso, a mio parere, sarebbe stato opportuno ricoprire l’intero diffusore posteriore con stampa a tampone: sarebbe stato un grande spettacolo per gli occhi. Cosa che AUTOart ha fatto ad esempio con la prima versione della Huayra (non per niente considerata uno dei migliori modelli prodotti dalla casa).

È ovvio che la stampa in rilievo fa il suo sporco lavoro, ma l’effetto finale è molto limitato. Nelle zone d’ombra non si crea alcun riflesso poiché la superficie è opaca. Vien da chiedersi come mai AUTOart non abbia deciso di rendere la finitura almeno lucida come ha fatto, vedremo a breve, per i grandi cerchi in carbonio ed altri elementi del propulsore. Il diffusore risulta spento e quasi invisibile. Inutile dire che questo aspetto è uno dei “grandi” difetti di questo modello.

Il resto dei dettagli risolleva l’asticella per fortuna. I gruppi ottici posteriori a led risultano (da spenti) di un color rosso “piatto”, ben replicato da AUTOart. Subito sotto, separati da una mensola rifinita, purtroppo, con carbonio in rilievo, troviamo le luci di stop e retromarcia. La finitura del logo Koenigsegg è stata modificata rispetto alla vettura reale: questa presenta la scritta totalmente scontornata e semitrasparente. AUTOart ha invece optato per una decal adagiata su un fondo trasparente. Non so il perché di questa scelta, avrei preferito il logo scontornato in plastica trasparente colorato di bianco sul fondo. Avrebbe avuto una miglior resa. Da notare la “nitidezza” dei sensori di parcheggio. Su DieCast difficilmente sarebbero stati così visibili.

L’unico elemento stampato a tampone del posteriore è il grande porta targa col logo Regera che tenta, in parte, di risollevare il livello di dettaglio al posteriore. In parte ci riesce ma avrei preferito che, almeno, la mensola sopra fosse anch’essa stampata a tampone.

Il grande “scarico” centrale credete sia un normale scarico? Forse non lo sapete ma la Regera ha un particolare sistema di scarichi. Quelli “veri”, dove vengono espulsi i gas combusti sono perfettamente inglobati nelle pinne del diffusore. Sono molto particolari perché hanno un duplice scopo: evitano di spezzare i flussi d’aria al posteriore e garantiscono un buon suono del motore durante l’intera accelerazione della vettura grazie alla lega in titanio e inconel. Questo perché il motore V8 viene utilizzato solo al numero massimo di giri. Il grande scarico centrale è quindi adibito al raffreddamento delle batterie.

Gli scarichi sono stati disegnati dagli specialisti Akrapovic, con tanto di logo annesso che AUTOart ha replicato. Mancano però alcune nervature in prossimità dello sbocco dello scarico che AUTOart ha omesso.

Come di consuetudine, AUTOart replica il cinematismo dello spoiler laddove ce ne fosse uno. La Regera ovviamente ne è provvista e si ingloba perfettamente nel corpo vettura. Purtroppo, anche in questo caso le aste che sostengono l’ala presentano la fibra di carbonio in rilievo. Almeno in questo caso però si è utilizzata una finitura lucida, che rende più convincente il risultato finale.

Lo spoiler è facile da sollevare e presenta due movimenti: una prima grande rotazione che solleva l’intera ala ed una piccola rotazione data dal giunto presente sull’asta. Tutto rimane in posizione (grazie anche ai pesi esigui degli elementi) ed è di facile riposizionamento.

La Regera è dotata di grandi cerchi in fibra di carbonio a vista, da 19 pollici all’anteriore e 20 pollici al posteriore, con dado singolo a bloccaggio centrale. AUTOart ha replicato le ruote molto bene per quanto riguarda pneumatici ed impianto frenante, meno per i cerchioni in carbonio, che presentano la poco amata fibra di carbonio in rilievo.

Molto belle le marcature Michelin Pilot Sport, fedelissime all’originale. I dischi carboceramici autoventilanti hanno il giusto colore, così come le pinze dei freni, complete di logo. Purtroppo, come al solito, mancano le valvole di gonfiaggio. Sarebbe stato uno spettacolo per gli occhi vedere i cerchioni in fibra tampografata. Speriamo che AUTOart ascolti i nostri feedback.

GLI INTERNI

Ovviamente il modello è totalmente apribile e replica in modo assoluto le caratteristiche della vettura reale: portiere ad apertura verticale, aperture cofani e tettuccio estraibile.

Ad un primo impatto gli interni si presentano molto bene. È tutto al proprio posto: si nota subito il grande display da 9 pollici Neonode, le caratteristiche bocchette d’areazione “traforate” e gli inserti in color tabacco che valorizzano l’abitacolo.

Vi sono però alcune piccole sbavature che AUTOart avrebbe potuto evitare. Ad esempio, le levette delle bocchette d’aria sono del colore errato. Non dovrebbero essere nere ma argento e complete del logo Koenigsegg. Le bocchette d’aerazione inoltre sono, a mio parere, migliorabili. Sono ben scolpite ma non danno la sensazione di essere “passanti”. Sarebbe bastato colorare di nero i fori. Il retro dei sedili è in fibra stampata.

Il volante è ben proporzionato e presenta il logo del marchio. La grafica del Cockpit è fedele all’originale e abbastanza nitida da poter essere quasi letta ad occhio nido. Stessa cosa vale per il Neonode da 9 pollici. Molto carina la sequenza di pulsanti a forma di scudetto che contorna il tasto start/stop: è leggibilissima. Il volante presenta inserti in fibra di carbonio con stampa a tampone: che peccato non vederla riproposta sulle superfici della console centrale e sulle bocchette d’aerazione laterali. Dopotutto AUTOart non lo ha mai fatto neppure sui migliori modelli, quindi inutile sperare.

La fibra di carbonio in rilievo con finitura lucida fa il possibile (ci riesce soprattutto al sole) ma non è paragonabile alla stampa a tampone. Ottima la pittura del color tabacco: è molto coprente e della giusta “opacità”: restituisce quasi la sensazione della pelle, molto più rispetto agli interni grigi della Agera. Sono presenti le cinture in stoffa. Come di consueto, un po’ sottotono la pedaliera.

Le portiere sono molto precise nell’apertura. Una volta aperte si nota subito il battitacco interamente tampografato. È un valore aggiunto non da poco, soprattutto dopo tutta la plastica in rilievo che abbiamo visto. È molto bello da vedere, corredato di targhetta con logo e valorizza molto il modello nel caso in cui si decida di esporlo con le portiere aperte. Da notare il particolare sistema di cerniere che rende possibile la rotazione delle portiere: è ben ingegnerizzato, preciso e discreto. Non lo si nota subito. Ben fatto AUTOart.

AUTOart ha eseguito un buon lavoro nel posizionamento delle calamite al fine di garantire una chiusura precisa e “scattante”. L’obiettivo è stato quasi raggiunto. Le portiere si posizionano subito “quasi” alla perfezione. Potrebbe capitare di dover fare qualche piccolo aggiustamento al fine di allineare alla perfezione le shutlines. Ciò è dovuto in grossa parte ai pesi esigui degli elementi mobili (in ABS).

Il cofano anteriore si solleva facilmente senza problemi, conviene però farsi aiutare da una ventosa per modelli o da un pezzo di carta per sollevarlo.

Sorprende vedere all’interno del piccolo bagagliaio inserti in fibra di carbonio stampata. Tutta la scocca che corre lungo il profilo dell’apertura interna è interamente tampografata. Il resto invece è rifinito con stampa a rilievo. Avrei preferito però una maggiore trascuratezza del vano bagagli a favore di un diffusore più rifinito. Ottimo il movimento dei sottili pistoncini idraulici. Sorreggono senza alcuno sforzo il cofano.

In foto è possibile vedere un confronto diretto tra la fibra in rilievo e quella con stampa a tampone grazie agli accostamenti presenti. La presa d’aria sul cofano presenta anche una griglia, ma è ovviamente visibile solo aprendo il vano bagagli.

Il cofano anteriore viene tenuto in posizione da due calamite. La tenuta è assicurata ma state attenti nel richiuderlo: il cofano scatta velocemente e potrebbe far saltare la vernice in qualche punto. Il retro del cofano anteriore è interamente in fibra di carbonio in rilievo.

MOTORE E MECCANICA

Una volta aperto il grande cofano motore si presenta il propulsore. Per chi conosce bene la replica della Agera da parte di AUTOart si accorge subito di un particolare: il pannello che copre la testata del motore non è più in fibra stampata ma hanno deciso di utilizzare la stampa a rilievo. La stessa soluzione era già stata adottata per One:1 ma speravo vivamente che AUTOart tornasse sui suoi passi. Non è stato così. Il feedback che restituisce questo pezzo non è male (furbescamente è rifinito con superficie lucida) ma è innegabile che non trasmette le stesse sensazioni di una stampa a tampone.

Il resto del motore è realizzato abbastanza bene: il sistema di sospensioni a doppio braccio oscillante (nella vettura reale in cromo-molibdeno) hanno un aspetto metallico e danno l’illusione di poter avere un qualche cinematismo: purtroppo non è così. Con la serie Composito AUTOart ha quasi del tutto annullato le sospensioni attive. Mi chiedo se per scongiurare possibili deformazioni che potrebbero venirsi a creare o per un taglio di costi. Sarebbe bastato inserire una base in DieCast per evitare ogni sorta di problema.

Molto visibile il pacco batterie, raffreddato a liquido, posto davanti il propulsore. Manca però la serpentina posta sulla mensola tra i fari posteriori, addetta al raffreddamento. Le molle elicoidali sono del giusto colore, così come i cilindretti che contengono il gas. Manca qualche cavo ma si nota davvero poco.

IL retro-scocca dei gruppi ottici posteriore è, per fortuna, stampato in fibra. Ravviva un poco i dettagli del propulsore ma sappiamo bene che non basta. AUTOart avrebbe potuto benissimo stampare a tampone l’intera mensola dove giacciono i due fari posteriori e inserire al centro anche un abbozzo del sistema di raffreddamento al liquido delle batterie. Inoltre, manca l’apertura in corrispondenza della serpentina sul cofano motore. È collocata proprio sotto l’alettone. Sono piccoli dettagli, riconoscibili solo da chi conosce bene la vettura ma avrebbe fatto piacere vederli.

Sollevato il grande cofano motore è possibile vedere parte della scocca interna del telaio, che funge anche da roll-bar. È stampata in fibra, come ci aspettavamo ma avremmo voluto vedere la stampa a tampone anche in altre zone del modello. AUTOart deve cambiare questo trend e fare un piccolo salto di qualità.

Infine, una breve menzione al tettuccio. Come ogni Koenigsegg è estraibile e munito di due calamite e due ganci per il posizionamento. Il cielo è ovviamente color tabacco come per gli interni. È leggerissimo e quel poco di finitura in carbonio che è presente è purtroppo in rilievo.

CONCLUSIONI: OPERA INCOMPIUTA

La scelta, da parte di AUTOart, di produrre modelli in Composito è a mio parere ottima. Come ho detto ad inizio recensione, il problema non risiede nel Composito (che rappresenta il metodo di costruzione del modello) ma risiede nella scelta di tagliare alcuni dettagli cui molti collezionisti erano abituati. Se accostate una Agera ad una Regera vi accorgerete, a malincuore, che di passi avanti non ne sono stati fatti. L’unico passo in avanti deriva proprio dall’utilizzo del Composito che nulla ha a che vedere con le altre scelte di AUTOart. Le shutlines della Regera sono, in media, migliori. Così come la definizione del corpo vettura. Ma il resto?

La Koenigsegg Regera ha shutlines di poco più ampie (è in DieCast) ma il numero di tampografie è superiore – Crediti: AUTOart

Ne consegue che la Agera, un modello di oramai 5 anni fa, ha un aspetto più premium rispetto alla Regera. Ne parlo in questo articolo. Con ciò non voglio dire che la Regera è un modello che non merita, ma dà l’impressione di un modello rifinito solo in parte. Nel complesso è un modello molto scenico e bello da vedere. I dettagli delle ruote (a parte i cerchioni) sono ottimi così come la qualità delle aperture. Il sistema di apertura/rotazione delle portiere è ingegnerizzato molto bene. Gli interni sono abbastanza curati e la pittura della pelle è convincente. L’esterno ha una verniciatura di ottima qualità, ben stesa e con effetto buccia d’arancia totalmente assente. Ma non è abbastanza lucida poiché probabilmente è una “pittura pronta”, col lucido già presente nella miscela e non aggiunto come secondo strato dopo. Mi chiedo come mai AUTOart non abbia adottato una verniciatura come per le auto reali, col lucido applicato a parte. Forse l’ennesimo taglio di costi?

Se AUTOart avesse inserito la stampa a tampone sul diffusore, sulla mensola sotto i fari posteriori e anche su alcuni elementi degli interni, se avesse inserito il cinematismo alle sospensioni e avesse curato maggiormente l’accoppiamento delle parti, allora saremmo di fronte ad un gran modello. Ma come vedete ci sono troppi “se” ed è un vero peccato, soprattutto per i collezionisti più attenti.

Ad ogni modo, se amate le Koenigsegg e in collezione avete già una Agera io ve la consiglio. L’accoppiata Agera Rosso e Regera Blue Horizon è qualcosa di davvero bello da vedere. I difetti menzionati sopra possono però dividere i collezionisti. Se siete molto pignoli (ed esigenti) allora potreste restare delusi da questo modello. Io personalmente sono rimasto deluso soprattutto per il diffusore e il copri testata, stampati entrambi in rilievo. In parte anche per i cerchi in carbonio. Ma amo particolarmente le Koenigsegg e la sua storia e avendo in collezione la Agera ho subito pensato di disporle, appena avrò più spazio, in coppia.

Il prezzo è abbastanza alto (330-340 euro), in pratica costa circa 100-120 euro in più di quanto costava la Agera (che oggi ha raggiunto quotazioni intorno alle 500 euro) e offre qualcosa in meno. Una direzione che anni fa nessun collezionista si sarebbe aspettato. Ma è l’unica alterativa per chi cerca una Regera apribile senza spendere un patrimonio (l’alternativa sarebbe la proposta di Frontiart ma preparatevi a vendere un rene). Forse AUTOart si fa forte anche di questo? Non lo so e non mi piace pensarlo. Vorrei solo che AUTOart cambiasse direzione e producesse modelli completi e non “opere incompiute” come questo modello. La recensione finisce qui ragazzi, grazie per avermi seguito sino a qui, vi lascio alla pagella e ad una breve galleria!

LA PAGELLA DI DIECAST PASSION

Esterno: 8/10

Interni: 8,5/10

Motore: 7,5/10

Materiali: 8/10

Fedeltà: 7,5/10

TOTALE: 39,5/50 [Buono]

Nota: da 0 a 10 Insufficiente; da 10,5 a 20 Sufficiente; da 20,5 a 30 Discreto; da 30,5 a 40 Buono; da 40,5 a 50 Ottimo.

<div> </div>

Crediti galleria: alvolante.it, web. Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti o eliminare il contenuto.

Darius Kri
Darius Kri
Articles: 469

3 Comments

Leave a Reply

TRANSLATE