RECENSIONE AUTOART VOLKSWAGEN BEETLE 1200 LIMOUSINE 1955 1:18

UN PO’ DI STORIA

In 65 anni ininterrotti furono venduti 21,5 milioni di esemplari, è una delle 5 auto più influenti dello scorso secolo è la quarta auto più venduta al mondo: stiamo parlando della Vokswagen Beetle, ossia la prima auto definita “planetaria” tanto da influenzare i costumi e usi di milioni di persone, diventando un’icona di stile in tutto il mondo.

Il 10 Luglio 2019 finì la lunga e talentuosa storia del Maggiolino: questa icona ci saluta definitivamente attraverso l’uscita dell’ultimo esemplare costruito nella catena di montaggio della fabbrica messicana di Puebla, dove ancora veniva prodotto. L’esemplare adesso si trova in un museo, dove potrà raccontare la sua lunga storia.

Mexiko Abschied vom VW New Beetle (Reuters/I. Medina)

L’eco del successo di Henry Ford varca l’oceano giungendo fino in Europa, accendendo la fantasia e l’ambizione di un giovanissimo ingegnere tedesco, Ferdinand Porsche, che sta tentando in tutti i modi di costruire auto per far ingresso nel mondo dell’automobile. Inizialmente, durante la prima guerra mondiale, fu impegnato nella progettazione e realizzazione di motori aeronautici, in seguito lavorò per la Daimler-Motoren-Gesellschaft (dalle cui ceneri nascerà la Mercedes), infine Porsche apre uno studio di progettazione. Nasce quindi il primo “nucleo” di quello che sarà poi la casa autobilistica Posrche.

Taylorismo e catena di montaggio: dinamiche e risvolti sociali |

L’idea di Ferdinand Porsche, al di la delle numerose auto di lusso che produsse, era la stessa di Henry Ford: l’automobile va cosiderata come un bene di massa e non di lusso. In America tutto ciò si era realizzato ma in Germania era un’utopia. La prima occasione si presentò quando Porsche venne a sapere che Hitler aveva intenzione di modernizzare il paese, con l’intento di rendere autonomi i tedeschi negli spostamenti, con automobili economiche e robuste. Porsche si iscrive al partito nazista e, ricevuto da Hitler, presenta il suo progetto che aveva nel cassetto da anni. Gli vengono date delle specifiche ben precise ma semplici: la vettura doveva avere un’abitabilità di 5 persone (o all’occorrenza 3 soldati e 1 mitragliatrice, non si sapeva mai visto il periodo), velocità massima di 100 km/h, consumi ridotti (non più di 7 litri per km), costare meno di mille marchi.

La realizzazione dei prototipi prese palesemente spunto dalla Tatra V570, vettura prodotta ai tempi in Cecoclovacchia e disegnata da Hans Ledwinka, ingegnere austriaco che non ebbe molta fortuna dagli eventi della seconda guerra mondiale. La causa con la Tatra durò sino al 1961 e prevedeva il pagamento da parte della VW di un cospicuo indennizzo. Non deve però sorprendervi che una delle auto più iconiche al mondo sia nata attraverso un plagio: copiare e adottare soluzioni non è un fenomeno esclusivo del nostro tempo, all’epoca questa pratica dava modo di trovare soluzioni più semplici e veloci. Solamente in un secondo tempo venne data importanza al design, grazie soprattutto al genio dei disegnatori italiani, che hanno creato le più grandi vetture di tutti i tempi.

Maggiolino: la storia del Volkswagen Beetle

L’auto si sarebbe dovuta chiamare “Kraft durch Freude-Wagen”, ossia Auto della Forza attraverso la Gioia. La prima fabbrica, chiamata Typ 1, fu edificata in Sassonia, nei pressi del castello di Wolfsburg e, per onorare il finanziamento popolare che ne aveva permesso la costruzione, venne chiamata Volkswagen ossia Auto del popolo. L’auto debuttò nel salone di Berlino del 1939, ottenendo un gran successo ma poi tutto tacque: il Fuhrer converte la produzione della Typ 1 in auto bellica. Nascono vari modelli, tra cui i più celebri sono il Typ 82, utilizzato dalla Wehrmacht e il Typ 166 Schwimmwagen anfibio. L’ingegnere Porsche viene catturato dai francesi e imprigionato con l’accusa di essere un collaborazionista.

#Kdf #type82e

Porsche resta in prigione 20 mesi: i francesi dichiarono di liberarlo solo se cede i suoi progetti. Porsche non molla, sino a quando a pagare il riscatto è un italiano, Piero Duso, imprenditore appassionato d’auto, oltre che pilota e in parte costruttore. Fu presidente della Juventus per circa 5 anni oltre che ricchissimo. Nel 1944 Duso fonda infatti la C.I.S.ITALIA, una fabbrica di automobili con ambizioni sportive. Duso quindi, grazie al riscatto, ottiene la collaborazione di Ferdinand Porsche e del figlio Ferry. Ma i progetti troppo ambiziosi di Duso lo costringono ad un ridimensionamento della C.I.S.ITALIA sino a cederla a Ferry Porsche.

In seguito l’ufficiale inglese Ivan Hist, addetto alla conversione di quel che rimane degli stabilimenti Volkswagen, si rende conto delle potenzialità della Typ 1 e capisce che l’auto può essere venduta in versione “civile” a molti paesi europei. L’idea va in porto del 1946, grazie all’aiuto della Royal Electrical and Mechanical Engineers (R.E.M.E.). Porsche a causa delle accuse di collaborazionismo non viene preso nemmeno in considerazione. L’ingegnere Porsche, uscito di prigione, acquista invece i capannoni di una segheria a Gmud in Baviera e qui inizia a produrre la Porsche 356, una delle auto più belle della casa di Stoccarda.

Pin su Porsche 356
La Porsche 356 “Ferdinand” prodotta da AUTOart, serie Millenium

Hirst sceglie come dirigente Heinz Heinrich Nordhoff, un ingegnere che aveva collaborato presso BMW e Opel. Le sue competenze lo aiutano ad ottimizzare i processi produttivi della Typ 1 in maniera sostenibile (100 vetture al mese). Volkswagen quindi rinasce riducendo del 75% le ore di lavoro necessarie a produrre ogni singolo veicolo, accrescendo i salari. La carta vincente della Beetle sta però nelle linee guida impostate da Nordhoff: sino al 1960 l’auto non ha subito nessuna modifica sostanziale ma è solo stata migliorata (a fine produzione si conterranno più di 70.000 interventi) rimanendo così fedele a se stessa e creandosi quindi un’immagine indelebile: nasce un’icona.

Maggiolino: la storia del Volkswagen Beetle

Una storia che vede protagonisti grande idee e tenacia: Porsche per la sua idea fantastica che incontra l’ordine di un dittatore nazista, Hist che invece di demolire ciò che rimane di un sogno è lungimirante e rigenera dalle ceneri la Beetle, Nordhoff con le sue idee “futuristiche” di un’azieda che premia i suoi operai e l’ottimizzazione dei processi produttivi, raccogliendo a piene mani l’eredità di Henry Ford, ispiratore di tutta questa storia.

LA REPLICA PROPOSTA DA AUTOART

  • Codice modello: AA79777
  • Serie: Millenium
  • Data di uscita: 2/2013
  • Materiale: DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4)

La Beetle fa parte della serie Millenium di AUTOart, serie oramai conclusasi da diversi anni ma che ha visto la realizzazione di modelli storici apprezzatissimi dai collezionisti di tutto il mondo. AUTOart pubblica inizialmente i colori Black e Stratos Silver nel 2012. Nel 2013 invece arrivarono il Polaris Silver (colorazione trattata in questa recensione), il Bright Beige e il Pink (versione rara, limitata a soli 1000 pezzi ma di discutibile bellezza).

La Beetle era nella mia personale “lista di attesa” da parecchio tempo. Una vettura così iconica e storica non dovrebbe essere “snobbata” da un collezionista. Così, di recente, ho deciso finalmente di prenderla e aggiungerla alla mia collezione personale, vicino alla Porsche 356 Ferdinand. Vicine fanno un figurone.

La scatola è finestrata, tipica della seconda fase della serie Millenium, all’interno è presente il classico foglietto che indica come “slacciare” il modello dalla base. I fili d’acciaio che bloccano il cofano anteriore e posteriore sono un po’ difficoltosi da togliere. Stessa cosa vale per l’elastico con uncini in metallo che lega le portiere. Maneggiate il tutto sempre con cura altrimenti farete danni.

AUTOart, come spesso accade, è riuscita a cogliere quasi alla perfezione le linee e le curve di questa famosa vettura. In questo caso non potevano essere ammessi errori: è una vettura impressa nella mente di troppi collezionisti e appassionati d’auto. Un qualsiasi errore sarebbe stato troppo evidente. Il modello presenta un’ottima verniciatura: ben stesa, coprente, con una grana del metallizzato abbastanza fine. Spiccano immediatamente i coprimozzi cromati e le cerniere a vista degli sportelli. L’assetto della vettura è corretto. Ma esaminiamola nello specifico.

L’ESTERNO

Le shutlines della replica sono ottime, forse ancor più di ciò che offriva la vettura reale. Le cerniere delle portiere (a vista) sono della giusta dimensione e offrono quel tocco “vintage” al modello. Di ottima fattura le cromature del modello e tutte presenti al posto giusto: coprimozzi, guarnizioni dei finestrini, paraurti, pedana, maniglia, specchietto laterale, tutto è ricoperto di un’ottima cromatura. Unico appunto: la linea cromata che corre lungo la fiancata l’avrei voluta realizzata in un pezzo a parte anziché tinta. Ad ogni modo poco male, poiché è pitturata molto bene e restituisce un buon effetto. Inoltre, la parte che corre lungo la portiera è ben allineata col resto.

Il frontale conferma le aspettative: ottima la fattura dei gruppi ottici (le costolature Fresnel sono sempre ben riprodotte), con una buona “profondità” e ottimi bordi cromati completi di vite di fissaggio in basso. Corretta la mancanza degli indicatori di direzione, poiché arrivarono solo con la versione del 1958. Presenti anche le due piccole griglie poste sotto i fari, ben scolpite e le linee di saldatura della scocca ai lati del grande cofano anteriore.

Non manca nulla: dallo stemma Wolfsburg alla maniglia in cromo, alla sottile linea cromata che corre lungo il centro del cofano anteriore. Riguardo la targa, avrei preferito un formato reale dell’epoca invece della data del modello. La grana della vernice (Polaris Silver) è abbastanza piccola e aiuta a restituire quel senso di realismo.

AUTOart si è sempre contraddistinta per la qualità dei gruppi ottici e della verniciatura. Non c’è alcun effetto “buccia d’arancia” e i fari hanno una qualità da modello di fascia alta.

La qualità delle decal è molto buona, lo specchietto laterale ha il gambo in metallo ed è completo di vetrino riflettente. Attenti a non piegarlo mentre maneggiate l’auto.

I tergicristalli non sono fotoincisi però sono molto sottili e ben scolpiti, anche se stando alle foto di repertorio sarebbero dovuti essere cromati. Molto bello il “listello” cromato che corre lungo la fiancata della vettura. Peccato che AUTOart lo abbia “inglobato” nella carrozzeria invece che realizzarlo come pezzo a parte. Ad ogni modo è ben verniciato, evidenziandosi nettamente dal colore principale della vettura.

Il posteriore ha una resa ottima al pari del frontale. Il piccolo lunotto ovale mostra davvero poco dell’interno (ai tempi doveva mostrare anche molto poco dell’esterno), è completo di guarnizione cromata.

Ben replicato il piccolo faro posteriore, completo di trama all’interno, bordino cromato e guarnizione nera alla base del cono. La qualità delle cromature è ottima, al pari di molti altri modelli della serie Millenium. Ottima anche la resa dei due scarichi, della giusta dimensione e lunghezza e dall’aspetto metallico. Unica pecca? Peccato per la griglia d’areazione sopra il vano motore: è ben scolpita e sembra passante ma in realtà non lo è. Sarebbe stato un bel tocco di realismo in più.

Ma passiamo alla parte più bella dell’esterno: le ruote. La Beetle presenta dei bellissimi coprimozzi cromati, lucidati a specchio e la replica proposta da AUTOart non è da meno. La cromatura è lucidissima con tanto di logo VW inciso al centro.

Come di consueto, manca la valvola di gonfiaggio ma in compenso le proporzioni sono perfette, così come l’assetto della vettura e il pattern degli pneumatici.

GLI INTERNI

Il modello è totalmente apribile e contiene alcune chicche davvero particolari. Anticipo che la qualità delle cerniere è davvero ottima, con movimenti precisi. Le portiere si chiudono molto bene e con un piccolo scatto.

L’interno presenta una prima sorpresa: tutte le sedute sono ricoperte di una pittura con effetto “floccatura”: la resa è davvero ottima e dà l’impressione che i sedili siano rivestiti in tessuto. Non è facile trovare un interno Millenium con questo effetto (le migliori sedute forse appartengono alla Montreal). Inoltre, la base è interamente moquettata, così come il piccolo bauletto posto dietro il divanetto posteriore (difficile da fotografare).

L’interno della vettura reale era abbastanza semplice ed economico: come già anticipato nella prima parte storica, l’auto veniva definita “del popolo” e quindi adatta a tutti. Nella replica di AUTOart non manca nulla. Ben visibile la grande presa d’aria centrale cromata e il posacenere sulla destra e subito dopo un piccolo vano porta oggetti. Il lungo e sottile cambio con pomello abbinato al volante è ricurvo (in molte foto di repertorio appare dritto). In basso, presenti le leve di azionamento dell’aria calda/fredda e azionamento del veicolo. Queste però dovrebbero essere di colore bianco. Il volante è del giusto colore ma la forma delle razze dovrebbe essere centrata col mozzo e a forma di “batwing”. Sul modello AUTOart è come se la forma fosse rovesciata. Forse una piccola svista?

L’indicatore di velocità e il contachilometri sono ben replicati, la decal è nitida è ben leggibile (il mio modello segna appena 64 km! Di certo non camminerà mai più). L’effetto “floccatura” è presente anche nel divanetto posteriore. Presente anche la “cinghia” sui montanti dell’abitacolo, che aveva la funzione di “maniglia”. Ben eseguiti i pannelli delle portiere, completi di leva del finestrino e maniglia. Presente anche una piccola calamita che aiuta l’allineamento della portiera alla chiusura (da qui lo scatto della chiusura). Ottima soluzione che in seguito AUTOart ci ha abituato a vedere sulla serie Signature, oggi sostituita dalla serie Composito.

MOTORE E MECCANICA

Il piccolo motore boxer 4 cilindri da 1192 cc erogava una potenza di 36 BHP (cavallo a vapore britannico), equivalenti a circa 35 Cv. Il raffreddamento era ad aria forzata con alimentazione a carburatore invertito Solex. Il piccolo cofano posteriore si solleva con precisione (tramite cerniere abbastanza fedeli all’originale) e mostra subito il piccolo propulsore.

La replica del motore è completa e non sembra avere grandi mancanze. Ben visibile la bobina di accensione in alto a sinistra (di colore nero nella vettura reale e non argento), al centro il carburatore Solex, mentre a destra è presente il filtro dell’olio. Sul fondo, quasi nascosta, è presente la sede della grande ventola addetta al raffreddamento forzato. Presente anche la cinghia per la puleggia del generatore (sarebbe stato un tocco di classe averla come pezzo a parte in vera gomma). Presenti anche tubazioni e cavi. Di fatto non manca nulla a parte un buon uso del colore che avrebbe migliorato la resa finale. A parte lo spinterogeno (in marrone scuro), tutto il resto è colorato di un anonimo argento. Avrei preferito un colore che simulasse maggiormente il metallo ma forse, per un modello di fascia media, è chiedere troppo.

Il cofano anteriore riserva altre piccole sorprese. Fa subito capolino la ruota di scorta rimovibile (cosa rara su un modello Millenium) e subito dietro il serbatoio della benzina col grosso tappo tondo cromato. Ma c’è dell’altro, come qualche cavo che si snoda sul bordo interno e il serbatoio dell’olio dei freni (in nero dietro la ruota).

Sulla destra è presente un piccolo pantografo, come sull’auto reale, che tiene in posizione il grande cofano: è ben ingegnerizzato e interamente in metallo. Sarebbe dovuto esserci qualche cavo elettrico nella parte alta del vano, subito sotto il piccolo parabrezza, ma nel complesso AUTOart ha fatto un ottimo lavoro.

Il pianale del modello ha un buon dettaglio. Il basamento del piccolo motore boxer a sbalzo è colorato dello stesso colore argento un po’ anonimo. Il sistema di sospensioni è però ben visibile, con barra di torsione a ruote indipendenti all’anteriore e al posteriore.

Le ruote hanno un ottimo angolo di sterzatura ma non sono riuscito a capire se il modello è ammortizzato o meno. Probabilmente no.

CONCLUSIONI E PAGELLA

È ovvio che in un modello di fascia media c’è sempre qualcosa da migliorare, ma questa replica presenta tante piccole sorprese che sicuramente bastano a convincere i fan di VW ad averne uno. Le proporzioni sono perfette: le tantissime cromature esterne unite alle bellissime ruote rendono l’esterno convincente. Inoltre, all’interno vi sono tante piccole particolarità, come le sedute con pittura “floccata”, ottime cerniere, il pantografo nel cofano anteriore, le calamite nelle portiere e la ruota estraibile (questi ultimi davvero rari in una serie Millenium).

Inoltre, questo esemplare ha un ottimo accostamento dei colori. Personalmente un altro accostamento interessante è lo Stratos Silver, segue poi il Black. Infine, posiziono il Bright Beige. Il Pink, onestamente, non lo considero nemmeno perché quasi “anacronistico” al tipo di vettura. Probabilmente mi sbaglio: ad ogni modo è questione di gusti. Se scegliete la rarità ne hanno prodotto solamente 1000 pezzi. Il modello lo consiglio vivamente, soprattutto agli appassionati VW.

LA PAGELLA DI DIECAST PASSION

Esterno: 8/10

Interni: 8/10

Motore: 6/10

Materiali: 7/10

Fedeltà: 7,5/10

TOTALE: 36,5/50 [Buono]

Nota: da 0 a 10 Insufficiente; da 10,5 a 20 Sufficiente; da 20,5 a 30 Discreto; da 30,5 a 40 Buono; da 40,5 a 50 Ottimo.

Per un confronto con la vettura reale, di seguito una galleria dedicata a questa storica vettura della casa di Wolfsburg.

Qui invece trovate una ricca photogallery della replica di questa recensione.

<div> </div>

Crediti galleria: oldbug.com, pinterest.com, motorionline.com, onlymanuals.com, web. Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti o eliminare il contenuto.

Darius Kri
Darius Kri
Articles: 475

One comment

Leave a Reply

TRANSLATE