Recensione AUTOart Alfa Romeo Giulia TZ 1963 by piccolegrandiruote

Fonte: piccolegrandiruote

Foto: Andrea Torchio

I primi studi che portarono alla realizzazione della Giulia TZ (Tubolare Zagato) iniziarono nel 1959, per rispondere alla necessità dell’Alfa Romeo di ritagliarsi uno spazio nella combattuta classe vetture Sport fino a 1600 cm cubici.

I mezzi economici a disposizione erano come al solito scarsi, ma l’allora presidente Luraghi concesse ampia libertà ai due progettisti, Giuseppe Busso ed Orazio Satta Puliga. Questi idearono una vettura costruita intorno ad un leggerissimo telaio tubolare, del peso record di soli 62 kg. Le sospensioni erano indipendenti sulle quattro ruote, anteriormente con bracci trasversali sovrapposti con molle elicoidali e barra stabilizzatrice, al posteriore con semiasse che fungeva da braccio superiore e triangolo nella parte inferiore.

Per contenere i costi, vennero utilizzate le parti meccaniche e l’affidabile motore 1570 cc della Giulia; la  potenza venne aumentata a 112 cv (anche se in gara i preparatori, Conrero in testa, riuscirono a spremere potenze vicine ai 160 cv) ed il motore fu inclinato verso sinistra di circa 15°, per poter ottenere un cofano più basso e filante.

La carrozzeria venne affidata alla Zagato, l’assemblaggio e la messa a punto all’appena nata Autodelta di Carlo Chiti. I primi prototipi iniziarono a girare su strada già nel 1961, sebbene con una veste estetica del tutto diversa da quella del modello definitivo. La linea infatti variava in base alle esperienze dei collaudatori, alla ricerca di una forma ideale per una vettura nata e concepita per le corse. Al Salone di Torino del 1962 venne presentato un primo prototipo, disegnato dal giovane Ercole Spada, che anticipava quasi del tutto le linee della vettura definitiva, ma dotato di una mascherina che richiamava la Giulietta SZ e di fari rettangolari, protetti da calotte in plexiglas. La coda era tronca, con specchio incassato, e seguiva da vicino le teorie di Kamm. Il modello definitivo arrivò l’anno successivo; i fari diventarono tondi, e la mascherina cambiò forma ampliandosi e venne incorniciata da un profilo cromato comprendente anche lo scudetto Alfa stilizzato.

La vettura definitiva arrivò a pesare poco più di 660 kg, e la velocità massima era di circa 220 km/h. Il debutto in gara avvenne alla Coppa Fisa di Monza: la TZ si piazzò ai primi quattro posti della classe 1600 con Bandini, Bussinello, Baghetti e Sanesi. Dotata di una tenuta di strada incredibile e di un’affidabilità senza confronti, la TZ iniziò così la sua leggenda. Le vittorie di classe furono moltissime, tra le quali per ben due volte di fila la 12 ore di Sebring, nel ’63 e nel 64; lo stesso per la Targa Florio e poi la 1000 km del Nürburgring, la Coupe des Alpes, il Tour de France, arrivando addirittura prima di classe e tredicesima assoluta, con Bussinello –Deserti, alla 24 ore di Le Mans nel 1964. La carriera di questa straordinaria vettura si concluse nel 1965, con l’arrivo della nuova TZ2, ancora più estrema.

Passiamo ora ad esaminare il modello, copiato dalla vettura reale esposta al Museo storico Alfa Romeo, come testimonia anche la targa: la linea è pressoché perfetta. Le affascinanti bombature dei parafanghi posteriori, l’accenno di spoiler sulla coda, le leggere svasature dei parafanghi anteriori sono riprodotte con estrema finezza, gli accoppiamenti delle parti mobili sono molto accurati, la vernice rossa è stesa in modo uniforme, in uno strato sottile e ben coprente. Il modello ha cofano e portiere apribili e ruote sterzanti: il lunotto, come nella realtà, è fisso. La fanaleria è, come consuetudine per Autoart, molto realistica. Sono molto ben realizzate le piccole gemme arancioni applicate sulle luci  di posizione. Sul cofano, subito dietro il bel marchio Alfa in rilievo, sono riprodotte le tre prese d’aria tipiche di questa vettura: come nella realtà, sono apribili anche singolarmente e sono realizzate con un finissimo lamierino fotoinciso. La generale cura dei particolari, anche dei più minuscoli, è di livello molto alto; stupisce però il fatto che siano stati “dimenticati” i ganci di fermo del cofano, che nella realtà sono posizionati sui fianchi della vettura, subito prima del logo Zagato.

A proposito di loghi: questi ultimi, come tutte le altre decorazioni, sono pregevolmente realizzati con una fotoincisione adesiva.

Degne di nota anche le bellissime cornici dei vetri, cromate ma con la parte di guarnizione in nero. Gli interni, tutti in plastica nera, sono estremamente spartani; la strumentazione, con il caratteristico tachimetro in centro plancia, è perfettamente leggibile. Dietro ai sedili è piazzata la ruota di scorta e non vi è traccia di moquette, battitacco e di qualsiasi accessorio per garantire un minimo confort: un vero abitacolo da corsa. Avremmo però preferito dei sedili realizzati in materiale morbido, come già visto su altri modelli in scala dello stesso produttore, per un effetto maggiormente realistico.

Aprendo il cofano, si può apprezzare un’ottima riproduzione del bialbero Alfa; sono presenti manicotti, cavi, cablaggi. Un tocco di realismo è dato dalle fascette che bloccano la scatola del filtro aria, con la vite di fissaggio evidenziata da una goccia di colore argento. Persino il tubo corrugato per l’aerazione dell’abitacolo è realizzato in materiale morbido. Il tutto è avvolto da un’accurata riproduzione dei tubi del telaio e delle sospensioni, purtroppo non funzionanti. Anche capovolgendo il modello, la prima cosa che si nota è il complesso intreccio dei tubi del telaio, sia nella parte anteriore che in quella posteriore, dove sono visibili i freni a disco posizionati all’uscita del differenziale.

Molto ben fatta la riproduzione delle ruote, che riproducono in maniera eccellente i cerchi Campagnolo in lega di magnesio della vettura reale, ed anche gli pneumatici hanno un’aspetto molto realistico.

Veramente un ottimo lavoro quello fatto da AutoArt. Un appunto riguarda l’impianto di scarico: la vettura reale, attualmente, monta un posticcio scarico a tromboncino, di tipo motociclistico, con uscita sotto la coda: questo per consentire la circolazione su strada della vettura, restando nei limiti acustici imposti dalla legge. Il prototipo di questo modello, nelle prime foto viste sul sito Autoart, aveva questo tipo di scarico. Per il modello definitivo, però, è riprodotto lo scarico della versione “stradale”, con silenziatore e tubo dritto sottocoda. Si tratta di un inesattezza, in quanto in origine la TZ del museo montava lo scarico da corsa, con uscita laterale sotto la porta lato guida.

In conclusione si tratta di un ottimo modello in scala, di un soggetto valido e di una realizzazione di altissima qualità, della quale speriamo tra breve di avere anche alcune varianti in versione gara.

In ogni caso, è un vero piacere vedere che, in un mercato modellistico spesso zeppo di doppioni o proposte poco interessanti, una marca prestigiosa come Autoart si stia impegnando, poco alla volta, alla riscoperta delle Alfa Romeo storiche. Difatti, dopo la 1750GTV, la GT Am, la Giulietta Spider, la Montreal, l’Alfetta GTV e questa splendida Giulia TZ la serie proseguirà con la annunciata TZ2 ed altre riproduzioni che sono state presentate a Norimberga e che sono la 33 Stradale, la 33 TT 12 e la 155 V6 TI DTM. Gli appassionati del Biscione non potranno far altro che prepararsi a fare spazio nelle loro vetrine…

Darius Kri
Darius Kri
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