RETROSPETTIVA: AUTOART JAGUAR E-TYPE COUPÉ SERIES 1 3.8 (RHD) 1:18

UN PO’ DI STORIA

Nel 1961 nasce un’automobile che sarebbe stata amata prima su strada per poi diventare anche un mito sul grande schermo: stiamo parlando della Jaguar E-Type. Disegnata da Malcom Sayer (sulla falsa riga dei progetti della C-Type e D-Type) era stata pensata e presentata come coupé gran turismo al salone di Ginevra dell’automobile. Qualche mese più tardi venne introdotta a New York una versione che fosse più vicina allo stile degli statunitensi: stiamo parlando della spider, anch’essa molto amata dal pubblico. L’auto fu prodotta per 15 anni in tre diverse varianti e diverse edizioni speciali e limitate, come ad esempio la Low Drag Coupè e la Lightweight E-Type, oggi introvabili ma ricercatissime dai collezionisti.

Jaguar E-Type Series 1 3.8 – Crediti: carandclassic.com

La spider fu proposta con una capote in tela a protezione del guidatore e dei passeggeri dalle più svariate condizioni atmosferiche. Il pubblico fu colpito dal particolare design monoscocca (che eliminava il vecchio telaio a traverse e longheroni) ma anche dalle generose prestazioni dovute al propulsore da 6 cilindri da 3.800 cm3 e 263 CV di potenza, alimentato da tre carburatori SU. Il prezzo era circa un milione di lire in meno rispetto alla principale competitor, la Ferrari 250 GT (qui la recensione della versione CMC) e oltre tre milioni di lire in meno alla Aston Martin DB4.

Il poderoso 6 cilindri da 3.8 litri – Crediti: carandclassic.com

Prezzo dunque competitivo che vedeva, in aggiunta, la presenza per la prima volta di freni a disco sulle quattro ruote, cerchi a raggi e un design che univa abilmente eleganza e sportività. Discorso valido anche per l’abitacolo, che presentava sedute ad “unghia” prive di poggiatesta, l’avviamento tramite apposito tasto e la presenza di levette per l’azionamento dei fari. La critica la definiva un vero prodigio, grazie all’unione del genio creativo di Sayer e del fondatore della casa, Sir William Lyons. L’auto fu prodotta fino al 1968. Arrivarono poi la Series 2 (con implementazioni pesante per gli Stati Uniti) e la Series 3 (nuovo propulsore V12, scarico a quattro terminali e parafanghi più larghi).

Gli interni della E-Type Series 1 3.8 – Crediti: carandclassic.com

Tali accorgimenti messi a punto dai designer e tecnici permisero alla Jaguar E-Type di rimanere sulla cresta dell’onda per 15 anni, fino al 1975, anno in cui fu sostituita sul mercato con la nuova Jaguar XJ-S ma mai rimpiazzata veramente: il mito di questa vettura sarebbe durato a lungo grazie anche alla comparsa nei fumetti e film che la vedevano come l’auto personale del temibile Diabolik assieme ad Eva Kant.

Diabolik ed Eva Kant a bordo della loro tecnologica E-Type – Crediti: web

La nostra attenzione si concentrerà sulla prima serie replicata da AUTOart, modello che rappresenta uno sforzo non indifferente per via di dettagli non scontati sulla apprezzatissima serie Signature. Buona lettura.

LA REPLICA PROPOSTA DA CMC

  • Codice modello: AA73612
  • Serie: Signature
  • Data di uscita: 05/2013 (prima ristampa), 10/2018 (seconda ristampa)
  • Materiale: DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4+1)

AUTOart pubblicò la E-Type, della serie Signature, nel 2013: modello atteso da vari collezionisti per via della fama che da decenni alimenta il mito di questa vettura. Il primo colore ad arrivare fu il nero con interni beige (cod. AA73611), dopo arrivò il British Racing Green con interni neri (cod. AA73612) ed infine il Cream con interni neri (cod. AA73613). Vi furono poi tante altre varianti e colori, incluse la Series 2, roadster e tanto altro. Ma oggi ci focalizzeremo sulla Series 1 di colore verde. La E-Type è stata prodotta da AUTOart anche nella scala 1:43

DETTAGLI ESTERNI E FEDELTÀ

Il profilo laterale della vettura reale – Crediti: Tom Gidden

AUTOart difficilmente sbaglia le proporzioni e le linee di una vettura e questo rapido confronto ne è la prova: ad una prima occhiata il modello risulta quasi indistinguibile dalla vettura reale (ultima foto). La fedeltà è molto elevata anche se l’unico aspetto criticato da molti collezionisti è la dimensione delle ruote: un po’ troppo piccole sul modello anche se, per fortuna, non pregiudica l’assetto della replica e la qualità generale. La pittura risulta ben stesa, profonda ma non spessa e restituisce i tipici riflessi scuri del British Racing Green. Come vedremo nelle prossime immagini, le cromature sono perfette e sono presenti vari dettagli non scontati. I cristalli sono sottilissimi e non deformanti. In generale le approssimazioni sono esigue, a favore di un’ottima fedeltà complessiva.

Il modello fa riferimento alla Series 1 della Jaguar E-Type, la prima versione prodotta. A parte la mancanza degli specchietti (forse non presenti sullo chassis di riferimento?) il resto dei dettagli è molto fedele. Le curve avvolgenti dei parafanghi posteriori, così come quelli posteriori, i paraurti cromati (muniti di rostri) e tanti altri dettagli sono al loro posto. Il lunotto posteriore (della giusta forma) credo sarebbe dovuto essere leggermente più stretto. I dettagli esterni sono tutti di prim’ordine. Ottima la fattura delle cromature che impreziosiscono l’intero modello. I gruppi ottici anteriori e posteriori sono ben eseguiti, completi di costolature Fresnel, calotte sottilissime e cornici cromate.

Il lungo cofano anteriore presenta le tipiche prese d’aria alettate: sono tutte passanti e ben scolpite. I tre tergicristalli sono sottilissimi ma realizzati in plastica. La prima “chicca” da apprezzare è sicuramente lo sportellino del rifornimento apribile, munito di una piccola cerniera. All’interno è ben visibile il tappo del carburante. Gli scarichi posteriori sono ben realizzati. Peccato per linea di stampo visibile che corre lungo il silenziatore ma la parte finale della canna è rifinita in cromo. In alto troviamo la luce di retromarcia, le luci targa e il logo Jaguar applicato sul cofano tramite decal (trovate foto più dettagliate nella galleria dedicata).

Un altro aspetto particolare e non scontato di questo modello è la realizzazione dei cerchi. Ogni singolo raggio è realizzato in acciaio inossidabile ed allacciato al cerchione da 15 pollici (purtroppo in plastica come il gallettone). Dietro è possibile apprezzare i freni a disco Girling servoassisti dalla finitura metallica e completi di pinza. I raggi in acciaio sono un plus apprezzatissimo ma sono in numero minore e mancano le marcature Dunlop sulla spalla degli pneumatici (che risulta essere troppo bassa) e la valvola di gonfiaggio. Il pattern della gomma è però corretto. Il gallettone non è svitabile ma fisso. Le ruote risultano “ballerine” su molti esemplari, forse a causa delle sospensioni dettagliate che vedremo a breve.

NOTA: sulle ruote posteriori manca la pinza ma in realtà non si sarebbero dovuti vedere nemmeno i dischi poiché montati entrobordo, accanto al differenziale (di colore rosso). Credo che in AUTOart abbiamo fatto una scelta di carattere “estetico” mostrando il disco per far sembrare più completa la ruota ma omettendo la pinza. Scelta alquanto discutibile. Credo avrei preferito il montaggio corretto pur restando nascosti.

ABITACOLO E FEDELTÀ

Anche l’abitacolo presenta alcune sorprese. Le portiere si azionano agevolmente accompagnandoti verso un abitacolo ben dettagliato e ricco di particolari. I pannelli porta sono semplici ma completi di maniglia e manopola dell’alza vetri. I sedili “ad unghia” sono ottimamente replicati e ciò che sorprende è il rivestimento nero in vera pelle, molto raro su una AUTOart, che riesce a dare quel tocco “premium” da modello di fascia alta.

La plancia dimostra un notevole sforzo in termini di dettagli e fedeltà. Il volante (a tre razze fotoincise) è arricchito con venature che simulano il legno anche se mancano i piccoli rivetti che ancorano l’anima in metallo al legno. Lo stemma Jaguar al centro del piantone risulta un poco sottodimensionato. La leva del freno a mano è identica, quella del cambio un po’ meno. Gli indicatori del quadro strumenti e della plancia sono leggibili e completi e risultano totalmente avvolti da un rivestimento che simula l’alluminio (presente nei primi due anni della produzione). Verso il basso è ben visibile l’autoradio (coi tasti stampati). Sulla sinistra, troviamo il vano porta oggetti. Il fondo è rivestito con moquette nera.

Il piccolo cofano posteriore è ben ingegnerizzato, apribile tramite due piccole cerniere e tenuto in posizione da un’astina in metallo proprio come sulla vettura reale. Peccato che il fondo del baule non sia estraibile: la zona dove è presente il ritaglio rettangolare nasconde la ruota di scorta e gli attrezzi. Avrebbero potuto inserire questo dettaglio visto che è presente sulla Duetto. Manca inoltre il pannello interno dello sportello del baule.

MECCANICA E DETTAGLI

L’intera sezione anteriore della vettura si solleva facilmente scoprendo interamente ciò che si cela al suo interno. Tutta la meccanica dell’avantreno, il telaio e l’intero propulsore sono a vista e in questi casi non sono di certo ammessi sconti. Il grosso 6 cilindri da 3.8 litri è posizionato alle spalle dell’assale anteriore al fine di migliorare i pesi. Ruba subito l’attenzione il grande DOHC (doppio testa a camme in testa) ben dettagliato. Sulla destra sono visibili i tre carburatori SU connessi al grosso filtro d’aria triangolare. Sulla sinistra invece abbiamo il collettore dipinto di un colore che ricorda la ghisa.

Sempre sulla sinistra è ben visibile la batteria e il sistema di aspirazione dell’aria dell’abitacolo. Nella parte anteriore abbiamo il radiatore e la meccanica delle sospensioni, funzionanti, con doppio braccio oscillante e barra di torsione. A parte qualche linea di stampo è un migliore utilizzo del colore grigio (relativo alle componenti metalliche), il motore risulta molto dettagliato e fedelissimo alla controparte reale.

Il pianale del modello riesce a restituire un’ultima sensazione di sorpresa: è interamente in metallo e dimostra un’accurata realizzazione delle sospensioni anche al retrotreno. Queste, infatti, sono a doppi quadrilateri con molle elicoidali e ben due ammortizzatori idraulici telescopici per lato, tutto perfettamente funzionante. All’anteriore, in grigio, sono visibili i doppi quadrilateri e il resto della meccanica. Forse, la realizzazione certosina delle sospensioni fa sì che ruote siano poco ferme se si prova a muoverle con un dito (nel mio esemplare sono abbastanza fisse a dire il vero).

Forse questa problematica è dovuta anche alla realizzazione del cerchione con raggi in acciaio. In rosso, sul retrotreno, spicca il differenziale (accanto ci sarebbero dovuti essere i dischi posteriori completi di pinze). L’unico elemento sottotono risulta la doppia tubazione di scarico, con annesse marmitte, del tipico colore grigio “anonimo” che non restituisce appieno un feeling metallico. Ad ogni modo, ho avuto l’opportunità di confrontare il pianale del modello con le foto di una vera E-Type e l’accuratezza è davvero elevata. Un ottimo lavoro.

CONCLUSIONI

La Jaguar E-Type prodotta da AUTOart rappresenta uno sforzo non indifferente, destinato ad essere apprezzato a lungo. Pur non essendo un modello di fascia alta, l’azienda comunica con orgoglio la presenza di più di 500 pezzi nella realizzazione, un numero che conferma la bontà del prodotto e che, di fatto, fa sì che il modello risulti la migliore realizzazione della E-Type fino ad oggi.

Vi sono alcune piccole mancanze, come la spalla degli pneumatici troppo bassa, i raggi dei cerchi in numero insufficiente, marcature e valvole mancanti, così come la strana mancanza del rivestimento del portello del baule. Inoltre, avrei preferito che i freni a disco posteriori fossero inseriti accanto al differenziale invece di posizionarli dietro le ruote. Sono difetti più o meno importanti ma che non pregiudicano la qualità complessiva del modello. L’aggiunta delle sedute in pelle, del tappo carburante apribile, dell’acciaio nei raggi e di un’accurata realizzazione dei dettagli dell’abitacolo e del propulsore fanno sì che questa replica risulti un modello “speciale” sia nel panorama della serie Signature (protagonista, in parte, dello scorso decennio) che nel panorama delle repliche dedicate a questa famosa vettura.

Sarebbe interessante se AUTOart decidesse di rendere “standard” queste aggiunte (specialmente nella realizzazione delle auto classiche ma anche moderne) in modo tale da ottenere, finalmente, quel salto qualitativo che molti collezionisti attendono da tempo. Modelli che uniscano precisione e qualità dei materiali al fine di ottenere qualcosa che si avvicini veramente all’high-end. La Jaguar E-Type è esaurita da diverso tempo (anche la seconda ristampa) e rappresenta un “must have” irrinunciabile da parte della maggioranza dei collezionisti. L’unica alternativa di vedere sul mercato un modello migliore di questo è una realizzazione da parte di CMC. La replicherà mai? Ne parliamo proprio qui. Alla prossima.

Per un confronto con la vettura reale, di seguito una galleria dedicata a questa storica vettura della casa del giaguaro rampante.

Qui invece trovate una ricca photogallery della replica di questa recensione.

Crediti galleria: Heritage images, carandclassic.com, themarket.bonhams.com, web. Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti o eliminare il contenuto.

Darius Kri
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