RETROSPETTIVA: AUTOART KOENIGSEGG CCX BLACK 1:18

UN PO’ DI STORIA

È già passato più di un quarto di secolo da quando fu fondata la Koenigsegg Automotive AB. Christian Von Koenigsegg aveva 22 anni (era il 1994) e riuscì a realizzare il sogno di creare una supercar. Grazie ad un brevetto di sua invenzione, che prevedeva la posa del parquet senza l’utilizzo di chiodi e colla, riuscì ad ottenere i fondi necessari per creare il marchio che porta il suo nome. Koenigsegg esce fuori dagli schemi: pur crescendo in una terra che viene ricordata più per le innovazioni in termini di sicurezza, va subito alla ricerca della velocità e delle prestazioni d’alto livello. Per realizzare il primo veicolo di produzione ci vorrà un decennio, ma gli innumerevoli sforzi e l’attenzione che i prototipi generarono con la stampa (vista la modernità rispetto agli standard del momento) fecero sì che l’azienda decollasse in breve tempo guadagnando una fama pari o superiore a molti marchi blasonati. Ripercorriamo le vetture che ci portano sino alla CCX di questa retrospettiva.

Christian Von Koenigsegg seduto a bordo della sua Regera – Crediti: Oscar Bakke

Il primo prototipo della Koenigsegg fu la CC: completamente assemblata a mano, vide la luce tra il 1994 e il 1996. Il bolide era spinto da un V8 da 4,2 litri di derivazione Audi montato in posizione centrale trasversalmente, mentre la carrozzeria e parte della scocca erano realizzati in fibra di carbonio. La CC contiene già gran parte degli elementi stilistici che distingueranno tutte le Koenigsegg sino ad oggi, come ad esempio le portiere ad apertura sincro-elica diedrica, il parabrezza parabolico e il tettuccio rimovibile (con le tipiche due “gobbe”) riponibile del bagagliaio anteriore. Negli anni successivi il team di sviluppo modificherà parecchio la vettura, ripensando e migliorando vari elementi.

Primo prototipo di Koenigsegg CC del 1994 – Crediti: web

Il primo aggiornamento non tarda ad arrivare: nel 2000, al Salone di Ginevra, viene presentato un secondo prototipo pronto per la produzione in serie. È la CC8S, non più spinta da un propulsore Audi ma da un V8 avente un compressore volumetrico Ford completamente rivisto dal team svedese al fine di erogare 650 cavalli. Questa grande potenza era ottenuta anche grazie al “Rocket Cat”: invenzione del fondatore che faceva sì che, in caso di richiesta di potenza, i gas di scarico venivano convogliati verso il catalizzatore senza passare per il precatalizzatore. Dal 2002 al 2004 la casa svedese produce sei esemplari di CC8S e l’auto entra di diritto nel guinness dei primati per il motore di serie più potente di sempre: da 0 a 100 km/h in poco più di 3 secondi, con frenata da 100 a 0 km/h in soli 32 metri grazie a potenti pinze (con sei pistoncini all’anteriore e quattro al posteriore) e al peso ridotto a soli 1175 kg.

Koenigsegg CC8S – Crediti: web

Dal 2004 al 2006 fu prodotto invece quella che è la terza iterazione: la CCR. Aumentano ancora di più i cavalli arrivando a ben 806 grazie a due nuovi compressori volumetrici. Viene riprogettata l’aerodinamica inserendo un nuovo splitter e una nuova ala posteriore. Viene potenziato l’impianto frenante e le sospensioni. Sull’anello del Nardò, nel 2005, la CCR si conferma momentaneamente l’auto più veloce al mondo raggiungendo i 388 km/h.

Koenigsegg CCR- Crediti: Supercars Of Milan

La CCR porrà le basi per quella che diventerà la CCX: una hypercar completamente nuova, che applica le nuove tecnologie, come la modellazione grafica 3D e l’utilizzo di macchinari specifici per realizzare, con la massima precisione, ogni componente meccanica e i pannelli della carrozzeria. Il motore V8 utilizza sempre il compressore volumetrico ma è interamente realizzato dal team svedese, con omologazione internazionale. A Koenigsegg infatti si aprono le porte per il mercato americano. Il cambio manuale rimane a sei rapporti ma grazie agli 806 cv e 920 Nm di coppia del potente 4,7 litri ottiene un nuovo incredibile record: passa da 0 a 300 km/h per poi fermarsi in soli 29,2 secondi.

Koenigsegg CCX – Crediti: supervettura.com

Seguiranno la CCXR nel 2007, la Agera nel 2011 (di cui faremo una retrospettiva nel prossimo futuro), la Agera R, la Agera S nel 2012, la Agera RS (ultima evoluzione della serie Agera), la Regera nel 2016 (recensita qui), la Jesko (dedicata a suo padre) nel 2019 e infine, con un ritorno al passato, la CC850 prodotta nel 2023.

Questa retrospettiva, come da titolo, verterà su quella che è stata la CCX, nella colorazione black. Replica prodotta da AUTOart nella scala 1:18, fa parte di quella che fu la serie Signature sostituita nel 2016 dalla serie Composite. Buona lettura.

LA REPLICA PROPOSTA DA AUTOART

  • Codice modello: AA79002
  • Serie: Signature
  • Data di uscita: 05/2009
  • Materiale: DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4+1)

AUTOart accontenta, nel 2009, i collezionisti amanti delle supercar pubblicando la Koenigsegg CCX 1:18 nei colori Orange (AA79001), Silver (AA79003) e Black (AA79002): quest’ultimo è un nero metallizzato, colore della replica di questa retrospettiva. Anni fa, prima di acquistare il modello, preferivo come tanti altri la colorazione Orange, l’unica variante pastello. Col tempo, invece, i miei gusti sono cambiati: sebbene tutti e tre i colori siano fantastici credo che il Silver e il Black diano più carattere alla vettura grazie anche alla tinta metallizzata che, come vedremo, è ben realizzata. Il Black, nello specifico, rende la vettura “cattiva”, pronta a divorare la strada. Il modello è composto da 294 singole parti (ne parliamo qui) e rappresenta in pieno lo spirito della vecchia serie Signature.

DETTAGLI ESTERNI E FEDELTÀ

Koenigsegg CCX Metallic Black – Crediti: sconosciuto. Recuperata dal sito: roadandtrack.com

Stranamente, non sono riuscito a trovare sulla rete foto della esatta versione di CCX realizzata da AUTOart. Trovo sempre piccole variazioni. Ci accontentiamo. La foto in questione raffigura una CCX con spoiler posteriore e piccolissime variazioni di alcuni dettagli, ma il confronto resta efficace. Le proporzioni del modello rispecchiano fedelmente la vettura reale. Purtroppo, le condizioni di luce sono parecchio diverse (così come la distanza focale) ma sono abbastanza sicuro da affermare che la tonalità di nero utilizzato è corretta. Ottima la qualità del metallizzato: le particelle metalliche sono finissime e restituiscono un effetto realistico convincente alla luce del sole. Sembra che l’assetto del modello sia un poco più alto del dovuto ma probabilmente ciò è dovuto alla sagoma delle gomme. Le shutlines sono ottime per una diecast e il colore della vettura aiuta a mascherarle ulteriormente.

Esaminando l’anteriore e il posteriore, l’assetto pare più corretto. Forse il confronto precedente non era dei migliori? Può darsi. Non tutte le foto aiutano. A parte la variazione di qualche piccolo dettaglio, gli elementi ci sono tutti e le proporzioni sono corrette. Sul frontale spiccano i grandi gruppi ottici, ricreati fedelmente. In basso, le prese d’aria presentano geometrie fedeli. Lo splitter in baso è interamente rifinito in fibra di carbonio con stampa a tampone, così come il fascione laterale. Al posteriore fa da padrone la grande presa d’aria formata da quattro trapezi, complete di griglia passante realistica. Il grande scarico trapezoidale ha un aspetto abbastanza realistico ma sarebbe dovuto essere di un colore molto più scuro. Il diffusore invece è senza alcuna finitura ma si nota poco.

In alto sono ben visibili alcuni dei dettagli esterni più interessanti. I gruppi ottici anteriori risultano molto fedeli alla controparte reale. Il guscio interno, che accoglie i tre elementi, è rifinito in fibra di carbonio stampata. Il bordino cromato delle lampade circolari è ben realizzato e la calotta esterna presenta anche la piccola “gobba” in prossimità dell’indicatore di direzione. L’elemento più bello della fiancata è sicuramente la grande presa d’aria accompagnata dal logo CCX con un accento di color rosso che spezza alla perfezione col nero metallizzato della vettura. La sottile griglia laterale lascia intravedere perfettamente il grande radiatore retrostante. Il grande cofano motore non è da meno. La piccola finestra che si affaccia sul propulsore presenta il logo del fantasma (omaggio al Ghost Squadron) ed è rifinita sempre con fibra di carbonio stampata. In questa zona le griglie si sprecano, ne troviamo davvero tante, tutte metalliche e sottilissime. Il posteriore è ben rifinito, con gruppi ottici del giusto colore con bordo cromato.

Da notare la dimensione molto piccola delle particelle del metallizzato: credo che la Koenigsegg CCX nel colore Black e Silver, abbiano tra i migliori metallizzati della serie Signature. La dimensione ridotta restituisce un realismo davvero elevato e conferisce bellezza al modello, soprattutto se esposto alla luce diretta.

La CCX monta cerchi in lega da 19 pollici all’anteriore e 20 pollici al posteriore. I cerchioni sono in fibra di carbonio (con un risparmio di 3 kg a ruota). Purtroppo, AUTOart non ha rifinito la corona del cerchio in fibra ma ha dipinto questa parte di un nero opaco. Mancano inoltre le valvole di gonfiaggio (approssimazione tipica di quel periodo) e le marcature sugli pneumatici. In aggiunta, il mozzo centrale sarebbe dovuto sporgere maggiormente. I contro finiscono qui. Tra i pro abbiamo scuramente una buona riproposizione del design del cerchio, una corretta altezza della spalla dello pneumatico e un impianto frenante ben realizzato: buona la finitura dei dischi ceramici e la geometria delle pinze. Ma, complessivamente, si poteva fare qualcosa di più.

ABITACOLO E FEDELTÀ

I cinematismi delle portiere sono tra i più belli da vedere: il movimento di apertura ricalca fedelmente quello della vettura reale (sincro-elica diedrica). Cecherò di fotografare meglio il meccanismo quando arriverà il turno della Agera. I movimenti da eseguire sono tre: dapprima bisogna spingere verso l’esterno la portiera. Poi va fatta scorrere lateralmente in direzione del frontale ed infine va ruotata sempre in direzione del frontale dell’auto. Tutto scorre perfettamente e sono facili da richiudere. Un lavoro di ingegnerizzazione preciso e molto fedele.

Gli interni sono ben realizzati grazie all’utilizzo generoso della stampa a tampone sul cruscotto e sui larghi fascioni battitacco laterali, che di fatto sono parte della vasca in carbonio a protezione dell’abitacolo. Il colore nero dovrebbe simulare la pelle: riesce nell’intento maggiormente sulle sedute che sul cruscotto. Il volante è perfetto, con la parte superiore in fibra e i tasti del clacson in grigio. Dietro abbiamo la strumentazione, completa di schermo a cristalli liquidi che fa tanto anni 2000. Le bocchette circolari, tipicamente sportive, sono rifinite in fibra stampata.

La plancia centrale è particolarmente fedele: in alto abbiamo l’autoradio completa di display, sotto la sezione relativa al clima con i minuscoli simboli stampati a tampone. In basso abbiamo i comandi posti a cerchio tipici delle Koenigsegg: AUTOart ha inserito delle semplici tacche invece di vari simboli (luci, portiere, IGN, finestrini e altro) che forse sarebbero stati troppo piccoli ma avrei apprezzato maggiorente lo sforzo. In basso abbiamo altri quattro tasti circolari, questa volta corredati di loghi stampati a tampone. Il cambio, seppur abbozzato, risulta abbastanza somigliante. Le sedute sono ben realizzate, complete di logo Koenigsegg e cinture in stoffa, così come i tappetini. La pedaliera risulta anch’essa abbozzata: spero che, un giorno, AUTOart si decida nel realizzarle in metallo fotoinciso.

Il cofano anteriore si solleva con precisione grazie a due aste telescopiche che simulano i pistoncini idraulici. All’interno è possibile porre il tettuccio. C’è ben poco da vedere: il fondo è piatto ed è abbozzato quello che sarebbe un pannello removibile. In prossimità delle ruote è possibile scorgere con più facilità il sistema di raffreddamento dei freni e le sospensioni. Purtroppo, il gocciolatoio sotto al parabrezza non è in fibra stampata ma in rilievo.

MECCANICA E DETTAGLI

Il grande cofano motore posteriore si solleva facilmente grazie a due grandi aste telescopiche, mettendo subito in mostra, nella sua quasi totale interezza, il poderoso motore V8 da 4,7 litri e 806 cv di potenza. I tanti i particolari presenti e l’utilizzo della fibra di carbonio stampata aumentano notevolmente il realismo del propulsore. Il lunotto posteriore funge da “air scoop”: il flusso d’aria si incanala tra le due gobbe scivolando sopra il piccolo lunotto ed entra nel collettore detto anche “plenum”. Questo elemento e l’intera porzione della scocca posteriore dell’abitacolo sono interamente rifiniti in fibra. Al di sotto troviamo il blocco motore con le due testate a V (complete di logo CCX ma con fibra in rilievo) contornato da varie tubazioni e cavi. Ai lati non mancano i grandi radiatori adibiti al raffreddamento, un poco meno rifiniti e con qualche linea di stampo a vista. Risulta ben realizzato (e fedele) il telaio tubolare (in alluminio aeronautico) che abbraccia il motore chiudendosi sulla sommità a forma di X, con tanto di logo Koenigsegg al centro. Il telaio è, a sua volta, connesso al sistema di sospensioni attivo a doppi bracci trasversali e ammortizzatori gas-idraulici (ben visibili i cilindretti posti accanto alle molle di colore giallo). A chiudere questo bel quadro è il grosso silenziatore cromato da cui fuoriesce lo scarico di forma trapezoidale.

CONCLUSIONI

Abbiamo esaminato un modello uscito ben 14 anni fa (ad oggi nel 2023) che non sente quasi per nulla il peso degli anni sulle spalle e che offre cinematismi complessi e fedeli alla vettura di riferimento, stampa a tampone presente su molte superfici (anche nascoste), verniciatura metallizzata di ottima fattura e griglie passanti praticamente ovunque. È un Signature a tutti gli effetti, una serie che dimostra ancora oggi la sua valenza. Le 294 parti di cui è composto il modello si vedono e si sentono tutte.

L’abitacolo è ben realizzato: non manca praticamente nulla e troviamo la stampa a tampone ovunque: dal volante, alla parte sommitale del cruscotto, sino ai fascioni laterali. Il propulsore, soprattutto se paragonato ai primi modelli che vennero dopo con la nuova serie Composite, risulta più che curato: l’attenzione ai tanti elementi presenti è lodevole, specialmente nella realizzazione dell’intero telaio tubolare che si innesta sulle sospensioni. Inoltre, l’intera sezione posteriore dell’abitacolo è interamente rifinita in fibra stampata, così come l’ampio collettore che sovrasta il motore. Ottima cura anche per quanto riguardano i gruppi ottici e i tanti dettagli esterni. Seppur realizzate bene, sono migliorabili le ruote: la mancanza delle marcature e delle valvole di gonfiaggio le rende meno realistiche. Inoltre, sarebbe stata graditissima una finitura in fibra sulla corona del cerchione invece di una pittura anonima nera.

La Koenigsegg CCX prodotta da AUTOart non teme di essere esposta “aperta” ma anzi, è come se chiedesse lei di farlo. Le portiere con apertura sincro-elica diedrica sono particolarmente sceniche e belle da vedere. Come sulla vettura reale, occupano poco spazio e sono ideali per essere aperte anche dentro una teca. Per gli amanti delle supercar, la CCX è di fatto un “must” in piena regola: perfetta da affiancare agli altri membri della famiglia, come la Agera e la Regera. Il modello è sold-out da parecchio tempo, quindi mi auguro lo abbiate già in vetrina qualora foste collezionisti di vecchia data. Per i novizi invece, questa retrospettiva ha anche il compito di farvi conoscere una replica parecchio appezzata e facente parte di una serie particolarmente amata dai collezionisti di tutto il globo. Qualora trovaste un pezzo a buon prezzo e in ottime condizioni…beh, non lasciatevela fuggire.

Per un confronto con la vettura reale, di seguito una galleria dedicata alla terza incarnazione della casa di Ängelholm. 

Qui invece trovate una ricca photogallery della replica di questa recensione.

Crediti galleria: Robin Adams ©2019 Courtesy of RM Auctions, supervettura.com, roadandtrack.com, web. Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti o eliminare il contenuto.

Darius Kri
Darius Kri
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