RECENSIONE AUTOART LAMBORGHINI DIABLO SE30 JOTA (BALLON WHITE) 1:18

UN PO’ DI STORIA

Da Millenial (quale sono) non posso che ricordare con nostalgia e fascino gli anni ’90. Andavano forte gli album di figurine e la Diablo si imponeva con forza e prepotenza tra le varie auto. Veniva presentata come l’auto più veloce al mondo e in effetti era così: la serie di Diablo prodotta dal 1990 al 1994 riusciva a raggiungere la folle velocità di 325 km/h e scattava da 0 a 100 km/h in appena 4,1 secondi. Un missile ancora oggi. Il nome (minaccioso e cattivo) ben si abbina alle prestazione del bolide e rende maggio a El Diablo, un toro che ebbe un epico scontro col torero Josè El Chicorro De lara, nel 1869.

La prima Diablo uscita nel 1990 – Crediti: web

Il progetto dell’erede (nato a metà degli anni ’80) andava a rilento per mancanza di soldi e solo col passaggio di proprietà alla Chrysler si avviò definitivamente. A Sant’Agata Bolognese non si voleva (e poteva) di certo sbagliare. La Countach (qui la nostra retrospettiva) era ormai un modello superato ma aveva ottenuto un successo dirompente. Il compito di dare una nuova veste all’erede della Countach viene affidato nuovamente a Marcello Gandini. Il primo concept (la P132) proponeva un’auto dalla linea estrema e audace ma infine si opta per un design più digeribile (seppur minaccioso) e capace di richiamare molto la sua antenata.

Lamborghini P132 disegnata da Gandini nel 1986 – Crediti: web

Per la prima versione di Diablo si decide di mantenere il motore centrale posteriore con un motore V12 totalmente riprogettato: con il codice L522 presenta l’iniezione elettronica (senza i carburatori presenti sulla Countach) e una cilindrata di 5.707 cc con una potenza di 492 CV e 580 Nm di coppia. La prima serie è riconoscibile per via della mancanza degli specchietti posteriori in tinta cin la carrozzeria e la presenza delle prese d’aria anteriori. Si ricorre a vari materiali per alleggerirne il peso: acciaio per per il tettuccio, alluminio per portiere, passaruota anteriori e brancardi posteriori, fibra di carbonio per alettoni, pannelli sotto-porta e coperture del cofano.

La vettura veniva venduta ad un prezzo di circa 359 milioni di lire ma nonostante ciò è molto spartana. Di serie si trovava la radio a cassette (il lettore CD era opzional) i finestrini azionabili a manovella e i sedili regolabili manualmente. Non vi era alcun sistema ABS. Tra i vari opzional ordinabili vi era il climatizzatore, le sedute su misura, l’ala posteriore, un orologio della Breguet da 11.000 dollari e un set di valigie del valore di 3.000 dollari.

Crediti: web

Nel 1993 arriverà la versione VT (in commercio fino al ’98): questa versione nasce per clienti (sempre più numerosi) che chiedono a gran voce un’auto più gestibile e facile da guidare. La Diablo ottiene dunque la trazione integrale con sistema a giunto viscoso: sarà la prima di una lunga serie. VT sta infatti per Viscous Traction, un sistema che è in grado di trasferire sino al 25% della coppia alle ruote anteriori. Viene aggiornato l’impianto frenante con pinze a quattro pistoncini e inseriti pneumatici da 335 mm al posteriore e 235 mm all’anteriore con sospensioni elettroniche con 5 set-up selezionabili. Nel 1999 arriva una versione rivista della VT: nuovi gruppi ottici anteriori, nuovi interni moderni e una potenza aumentata a 530 Cv che permette uno scatto da 0 a 100 km/h in 4,0 secondi netti.

Lamborghini Diablo VT (1993) – Crediti: web

Negli anni la Diablo vede l’arrivo delle versioni speciali, limitate e sempre più estreme. Dal 1995 al 1999 viene prodotta la Diablo SV (Super Veloce) che ottiene un restyling nel 2001. Pensata per la pista, reintroduce la trazione solo al posteriore (come per la prima Diablo) e aggiunge un pacchetto tecnico che comprende un alettone posteriore regolabile e sospensioni meccaniche. La fiancata presenta l’ormai iconica scritta “SV”, i cerchi in lega sono da 18” con design specifico per la versione, nuovo spoiler e prese d’aria modificate.

Lamborghini Diablo Super Veloce (1995) – Crediti: web

Quando Lamborghini compì 30 anni, si pensò di festeggiarli con una versione: la Diablo SE30, protagonista di questa recensione approfondita. Costruita in soli 150 esemplari, l’auto è pensata appositamente per i puristi, quindi leggera e di grande qualità. I cristalli sono in plexiglass, fibra di carbonio presente su tantissimi elementi, Alcantara in sostituzione della pelle come sulle auto da corsa (evita di far scivolare le mani sudate). Radio e aria condizionata vengono rimossi. Vengono inseriti freni più performanti e cerchi in lega di magnesio ultraleggeri disegnati in collaborazioni con Pirelli.

Lamborghini Diablo SE30 Jota Viola – Crediti: t-100 .

La Diablo GT arriva invece nel 1999, con trazione posteriore e con l’uso massiccio di materiali leggeri. La scocca è infatti interamente in fibra di carbonio con tettuccio in alluminio. L’obiettivo è quello di omologare la vettura per le gare FIA GT (ai tempi si richiedeva un minimo di esemplari stradali prodotti. La vettura non prenderà mai parte a nessuna competizione ma nascerà un campionato dedicato solo alle Diablo. Il motore della GT è il più potente visto su una Diablo: sviluppa 575 Cv a 7.300 giri/min e una coppia di 630 Nm. L’accelerazione da 0 a 100 km/h è di soli 3,8 secondi con una velocità massima di 338 km/h.

L’aerodinamica anteriore della Diablo GT – Crediti: supercars.net

LA REPLICA PROPOSTA DA AUTOART

  • Codice modello: AA70141
  • Serie: Composite
  • Data di uscita: 03/2022
  • Materiale: ABS + DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4)

Speravo da diverso tempo che AUTOart riproponesse la Diablo in altre varianti. Le versioni uscite oramai diversi anni fa, pur essendo vendute da privati spesso a prezzi vantaggiosi, non mi hanno mai entusiasmato particolarmente. Sarà per gli interni totalmente neri (amo gli abitacoli colorati) o la scelta di determinate versioni invece che altre, sta di fatto che la Diablo non riusciva a catturale totalmente la mia attenzione. Ma quando AUTOart annunciò a giugno 2020 la produzione della SE30 Jota mi convinsi immediatamente per via delle colorazioni proposte e degli abitacoli, finalmente, in tinta. Dopo tanto tempo, la mia collezione Lamborghini poteva completarsi.

La confezione è ormai nota: tipica della serie Composite, con un cartonato esterno lucido di colore nero/blu e all’interno il solito guscio protettivo in polistirolo. Tagliato il nastro adesivo che lo sigilla e sollevata la metà superiore, si presenta subito ai nostri occhi il modello in tutta la sua interezza grazie alla base del guscio molto bassa.

In termini di accessori, purtroppo, non vi è molto. Troviamo la classica chiave AUTOart per facilitare le aperture (avrei preferito invece la presenza di una ventosa, molto più comoda) e il classico foglietto illustrativo che indica come svitare il modello dalla base e come attivare i cinematismi. Sarebbe stata apprezzata la presenza di un panno per la pulizia. Purtroppo, come ben sappiamo, non vi è più la presenza del certificato di autenticità.

L’ESTERNO

Le proporzioni e l’assetto della vettura sono perfetti e osservando le linee ci si accorge subito che non vi sono compromessi in termini di shutlines e accoppiamenti delle parti: tutto è perfettamente allineato (come visto similmente per la Bugatti Chiron) e gli spazi sono ridottissimi. Risultato davvero difficile da ottenere con una scocca in diecast. I cristalli risultano trasparentissimi e per nulla deformanti. Le ruote con i cerchi in lega di magnesio sono delle giuste dimensioni.

La verniciatura è il pezzo forte dell’esterno: è vellutata e senza alcun effetto “buccia d’arancia” che spesso si palesava sui modelli in diecast. Il colore è omogeneo ovunque e le particelle del metallizzato sono finissime. Ne esce fuori un bianco perla bellissimo da vedere che si sposa alla perfezione con gli interni in pelle/alcantara di colore rosso. Un esterno davvero perfetto che dimostra come l’utilizzo dell’ABS, unito al sapiente uso del colore, possa creare un prodotto di alta precisione e bellezza.

Il frontale è tipico della Jota ma sarebbe interessante capire a quale chassis fa riferimento AUTOart. Osservando il numero di Firing Order sulla testata del motore, sembrerebbe coincidere con la vettura n. 123/150, venduta recentemente nei Pesi Bassi. Vi sono però alcune differenze, come la forma dei fendinebbia, circolari su questa vettura e rettangolari sul modello. Gli indicatori di direzione sono totalmente bianchi con lampadina arancione, mentre sul modello la metà esterna ha la buccia esterna in arancio. Inoltre, la vettura n. 123 (presente nella galleria a fine recensione) ha i pannelli porta neri mentre il modello li ha in parte rossi. Vedremo, poco più avanti, che è il modello stesso a dirci a quale vettura si riferisce.

Gli elementi sono tutti corretti, così come la dimensione dello scudo Lamborghini e le proporzioni delle prese d’aria in basso (passanti con griglia romboidale). Lo scudo risulta nitido e leggibilissimo. Notate le shutlines del cofano bagagli e dei fari a scomparsa: se le paragonate alla vettura reale vi renderete conto che sono molto vicine in termini di dimensioni. È ciò che noi collezionisti vogliamo, precisione e fedeltà. I gruppi ottici a scomparsa (luci abbaglianti) sono azionabili tranne una levetta basculante posta sotto il pianale: questa non fa scattare i fari attraverso una molla ma bensì li fa ruotare lentamente in posizione.

Non sempre i due fari si aprono in sincrono: in caso aiutatevi anche con le dita in modo tale che il sistema non venga forzato e tutto ruoti assieme i fari. Vi ricordate, tempo fa, quando dicevo che AUTOart avrebbe dovuto inserire un pianale in metallo sui propri modelli in Composito? Beh, pare che lo abbia inserito in parte all’anteriore e al posteriore. Forse per rendere più stabile il sistema atto a far ruotare i fari. Spero che nei prossimi modelli realizzi l’intero pianale in metallo così da conferire più robustezza al modello e magari reinserire il cinematismo alle sospensioni.

Osservando altre parti del modello si constata la bontà della qualità della shutlines a conferma dell’ottima scelta dell’ABS come materiale per la scocca. Le griglie a nido d’ape sono tutte passanti e in metallo dipinto di nero. I tergicristalli non sono fotoincisi ma le palpebre aerodinamiche sono rivestite con stampa a tampone che imita la fibra di carbonio, un dettaglio molto apprezzato. Le portiere sono perfettamente allineate al corpo vettura. Il vetrino posteriore lascia intravedere il simbolo che ricorda l’edizione della vettura. Qui scopriamo che la vettura è la n. 022/150 e coincide anche il numero di Firing Order, che risulta quindi essere uguale su più versioni numerate (o forse su tutte?).

L’ipotesi fatta prima dunque decade e confermiamo che il modello è identico alla vettura numero 022 che trovate sempre nella galleria in fondo alla recensione. Purtroppo, non ho trovato foto degli interni ma confidiamo sul fatto che AUTOart li abbia riprodotti fedelmente.

Si scorgono tanti altri dettagli, tra cui le feritoie in basso (a branchia di squalo) sempre complete di griglie passanti. Sulla fiancata, lato passeggero, troviamo il grande bocchettone circolare cromato. Sull’auto reale in realtà non è cromato ma ha una finitura opaca che ricorda l’alluminio. Poco più in basso troviamo una piccola targhetta rettangolare con scritto “disegno Marcello Gandini”. È ovviamente la firma del grande Gandini, che ha disegnato le più famose Lamborghini. La piccola gemma dell’indicatore di direzione è un pezzo a parte ma manca il sottile bordo cromato. Poco male.

Il posteriore è come ce lo saremmo aspettato, con gli elementi tipici della Jota (alettone e logo 30° anniversario) e identico alla versione di riferimento n. 022. Da questa visuale si ha riconferma del giusto assetto della vettura e sono molto evidenti le due “gobbe” che aumentano la portata d’aria ai collettori. Tutto è ben proporzionato.

I gruppi ottici posteriori hanno la giusta profondità ma gli elementi circolari esterni avrebbero dovuto avere un colore che vira più verso l’arancione. Al centro troviamo l’ampia griglia a listelli, ovviamente passante, che accoglie su di sé il logo 30° Anniversario Special Edizione e l’iconico toro della Lamborghini, entrambi fotoincisi. Sotto i gruppi ottici troviamo le piccole prese d’aria che scendono sin dietro il paraurti che di fatto risulta distanziato dal corpo vettura e connesso tramite due attacchi in gomma dura. Il piccolo e spigoloso paraurti accoglie la luce di retromarcia (a destra di colore bianca), la luce fendinebbia (a sinistra) e un catarifrangente per lato (riflettono davvero la luce, compresi quelli che circondano i gruppi ottici circolari). In basso fanno capolino i quattro tubi di scarico a punta con finitura cromata realistica. Si nota un sottile bordo rosso ma sulla vettura reale non riesco a notarlo.

Le fiancate posteriori vedono la presenza di due prese d’aria laterali (sempre in metallo e passanti) atte a convogliare l’aria al radiatore. Il cofano posteriore è modellato dalle due gobbe (presenti solo nella versione Jota) e da tre feritoie che contribuiscono a dare sfogo all’aria calda del motore. L’ultima feritoia è abbastanza alta da permettere un minimo di visibilità attraverso il piccolo lunotto posto subito dietro le sedute e presenta una piccola griglia passante.

Lamborghini realizzò per la SE30 nuovi cerchi in magnesio ultraleggero in collaborazione con Pirelli. Sono leggibilissime le marcature “OZ racing”, “Magnesium” e “Special Edition”, quasi a ricordarci di che pasta è fatta la vettura. Le ruote anteriori sono da 17 pollici mentre le posteriori da 18 pollici, avvolte dal tipico disegno del parafango che richiama la Countach (qui la nostra retrospettiva).

Gli pneumatici sono completi di marcature in rilievo (logo Pirelli) e stampate (P Zero). Ottimo lavoro da parte di AUTOart che ormai ci sta abituando a ruote complete (per parecchio tempo si erano tralasciati questi dettagli) e munite anche di valvola di gonfiaggio. Al centro troviamo l’emblema Lamborghini, col toro in oro su fondo nero contornato da 5 dadi esagonali (che sarebbero dovuti essere cromati ma poco importa). Dietro fanno capolino i freni a disco ventilati della Brembo (da 33 mm all’anteriore e 28,4 mm al posteriore) con pinza rossa che richiama il colore degli interni. L’aspetto del disco è convincente ma forse sarebbe dovuto essere più lucido, un po’ come sulla McLaren F1.

GLI INTERNI

Il modello presenta aperture con cinematismi precisi e ben ingegnerizzati. Ho notato la presenza delle calamite che creano uno scatto che facilitano la chiusura. Abbiamo 4 aperture in totale, tutte munite di pistoncini idraulici. Ogni elemento resta sollevato facilmente grazie all’esiguo peso dell’ABS e le portiere si sollevano in verticale come sull’auto reale. Come detto prima, il modello dovrebbe essere fedele alla vettura n. 022/150. Ne consegue che la vettura reale ha i pannelli delle portiere di colore rosso. A parte questo aspetto, gli altri elementi dovrebbero essere confrontabili con gli interni della vettura n. 123 di cui trovate le foto nella galleria a fine recensione.

Ciò che colpisce subito è l’ottimo utilizzo della stampa a tampone (poco utilizzata negli ultimi anni) che si fa evidente soprattutto sul grande tunnel centrale. La fibra credo risulti più lucente rispetto le ultime creazioni AUTOart. Se così fosse è la strada giusta da intraprendere ma ancora si deve migliorare. La parte superiore del cruscotto è rivestita di una pittura nera che dovrebbe simulare la pelle. La finitura è piacevole e toglie quell’effetto plasticoso che spesso presentano le parti colorate di nero. Questo tipo di pittura sembra però simulare più l’alcantara che la pelle. Si potrebbe ipotizzare che la vettura n. 022 (di cui purtroppo non ho trovato foto degli interni) abbia l’alcantara nera invece che la pelle.

La parte inferiore è dipinta di rosso e utilizza la stessa finitura della parte superiore. Come detto prima, sembra simulare più l’alcantara che la pelle. Il volante è ben sagomato con il piantone di colore rosso e logo perfetto. La levetta posta dietro però è sprovvista di loghi stampati. Dietro troviamo il quadro strumenti con fondo bianco, con al centro contachilometri e tachimetro, tutto abbastanza leggibile. Ai lati troviamo gli indicatori del livello e della temperatura dell’olio, della temperatura dell’acqua e del livello carburante. In basso è presente una moquette rossa e tappetini in gomma neri. Non sappiamo se la leva del cambio sia fedele o meno ma è, almeno in parte, rivestita con stampa a tampone. Sotto spicca il dischetto forato con le piste per le marce. Sembra essere metallico.

La plancia centrale presenta molti tasti e in alto sembra esserci un’autoradio a cassette. Sulla SE30 venne rimossa (assieme al climatizzatore) ma potrebbe darsi che la vettura n. 022 la monti. Sotto troviamo anche il climatizzatore: è ben visibile sulla destra la manopola della ventilazione e il toro e sulla sinistra la scritta “Climate Control”. Ogni tasto presenta un logo stampato con la tecnica a tampone. Sotto troviamo altre 2 file di 6 tasti con simboli leggibilissimi. Ottimo lavoro, peccato che i tasti neri su fondo nero non abbiano alcun contrasto e risultino poco visibili. Infine, troviamo i comandi per regolare gli specchietti (in basso a destra) e sul lato opposto un rettangolino rosso che non riesco a identificare (forse il tasto delle luci di emergenza?). Le sedute sono interamente di colore rosso, con stampa a tampone sul retro e complete di logo Lamborghini sul poggiatesta. A completare il tutto ci pensano le cinture in stoffa a 4 punti in contrasto (dal bel colore blu con tanto di logo 30° Anniversario) e attacchi in metallo.

La pedaliera presenta una finitura metallica (sembra fotoincisa ma non credo lo sia). L’intero fascione che circonda la parte inferiore dell’apertura è interamente stampato in carbonio. Completa il tutto la fascia battitacco grigia con logo Lamborghini 30° Anniversario.

Le cerniere funzionano bene e le portiere rimangono sollevate senza alcuno sforzo grazie anche al peso esiguo. I pannelli delle portiere sono spartani: è presente solo il pomello alza vetro (circolare in nero), sotto è visibile la cassa dell’autoradio e in basso la tasca portaoggetti. Il contorno del pannello è interamente in rosso, in linea probabilmente con la vettura n.022.

A differenza della Chiron, sulla Diablo SE30 Jota ritornano le calamite. Forse la particolare apertura verticale delle portiere ha richiesto un sistema più saldo. Le calamite sono molto piccole e nascoste.

MOTORE E MECCANICA

Aperto il cofano posteriore si mostra subito il poderoso V12 da 5707 cc che eroga una potenza da 525 Cv. Fa molto piacere constatare che AUTOart non si è risparmiata in termini tampografie. La fibra di carbonio è quasi ovunque, ricomprendo la piastra dei filtri, il copri testata e le pareti laterali del vano motore. l motore è pressoché identico alla vettura di riferimento (n. 022/150). Differiscono alcuni particolari, come il colore dei filtri dei collettori (che sarebbero dovuti essere blu invece che neri). Il colore oro dei collettori e della testata è corretto. Sulle testate mancano però le scritte in rilievo Lamborghini e la scritta “oil” sul tappo dell’olio visibile sulla destra. Peccato per qualche linea di stampo troppo visibile.

Il numero di Firing Order è corretto, subito sopra troviamo il simbolo del toro in color oro. Verso il basso è visibile una traversa alleggerita, proprio come sulla vettura reale. Infine, è ben visibile la grossa marmitta, con una trama a quadrettini che ricalca la controparte di riferimento. Troviamo anche la targhetta nera con la scritta in rosso “caution high temperature”. Purtroppo, come di consueto, mancano parecchi cavi in gomma e in tela e il tutto è stato semplificato un po’ troppo. Le prossime migliorie che vorrei che AUTOart inserisse riguardano infatti il motore. Negli ultimi modelli vi è stato il ritorno della stampa a tampone (poco usata per esempio sulla Regera e in generale sulla serie Composito). Vorrei che AUTOart alzasse un altro poco l’asticella curando maggiormente la cavetteria del propulsore, inserendo anche qualche fascetta metallica. Chiedo troppo?

Per via delle shutlines abbastanza strette, il cofano anteriore non è facile da sollevare. Aiutatevi con una ventosa per modelli o utilizzate un foglietto di carta rigido. Il cofano si solleva con scorrevolezza. Il piccolo bagagliaio anteriore è interamente moquettato. Vi è poco da vedere, non è presente alcun attrezzo o accessorio.

Il fondo del cofano e dipinto in nero opaco. Alla base e sul cofano anteriore vi sono due piccole calamite per assicurare la corretta chiusura. Le cerniere sono ben realizzate e funzionano bene unite all’ABS della scocca. I pistoncini non hanno blocchi e scorrono sempre perfettamente, così come tutti gli altri presenti sul modello.

Il pianale è piatto e nasconde quasi tutta la meccanica per motivi aerodinamici. Fa piacere constatare che AUTOart abbia inserito due elementi in metallo, credo al fine di irrobustire il modello. Come già visto, la parte anteriore del pianale è interamente in metallo. Al posteriore invece è avvitata una placca in metallo che va a chiudere la base. La parte centrale invece rimane in plastica.

Osservando bene è possibile scorgere parte della meccanica, che di fatto è presente ma nascosta in parte. I bracci trasversali indipendenti delle sospensioni vanno intersecandosi con vari elementi: all’anteriore sono visibili solo in parte i tubi di raffreddamento in gomma dei freni (in arancio). Al posteriore si nota la barra antirollio, il fondo del propulsore e parte del telaio e dello scarico.

CONCLUSIONI E PAGELLA

La nuova Lamborghini Diablo SE30 Jota di AUTOart sembra spingere un po’ più in alto l’asticella della qualità. Siamo ormai ben lontani dal crollo di qualità avuto nel 2015/2016, agli inizi della serie Composito. Il modello sfoggia una verniciatura impeccabile, setosa e omogenea senza alcun effetto buccia d’arancia. Le le dimensioni delle particelle del metallizzato sono piccolissime. Le shutlines sono molto strette e le geometrie della scocca ricalcano molto bene la vettura di riferimento grazie all’utilizzo dell’ABS. Le ruote sono realizzate egregiamente, complete di marcature e valvole. Gli interni non hanno alcuna “licenza poetica”: è tutto abbastanza fedele e il rosso crea una combo perfetta con l’esterno bianco perla. Infine, il motore (impreziosito con stampe a tampone) risulta abbastanza realistico ma la semplificazione della cavetteria abbassa un poco la resa finale.

Il modello rappresenta, a mio parere, quanto di meglio visto sulla serie Composito. Merita l’acquisto, a maggior ragione se siete fan Lamborghini e avete in collezione altre vetture della casa di Sant’Agata Bolognese. Per chi come me, aveva lasciato indietro la Diablo, questa è l’occasione giusta per avere una versione “cattiva” ma allo stesso tempo raffinata di questa iconica vettura. Il modello si trova ancora facilmente negozi (luglio 2022): non vi resta che prenderne una. Ad oggi i colori disponibili sono il Balloon White, il Viola e il color Titanio. Vi sono altre varianti di colori disponibili e che arriveranno ma solo per la SE30: parliamo del Giallo Spyder e del Blu Sirena.

LA PAGELLA DI DIECAST PASSION

Esterno: 9/10

Interni: 8,5/10

Motore: 7,5/10

Materiali: 8/10

Fedeltà: 9/10

TOTALE: 42/50 [Ottimo]

Nota: da 0 a 10 Insufficiente; da 10,5 a 20 Sufficiente; da 20,5 a 30 Discreto; da 30,5 a 40 Buono; da 40,5 a 50 Ottimo

Per un confronto con la vettura reale, di seguito una galleria dedicata a questa storica e popolare vettura della casa di Sant’Agata Bolognese.

Qui invece trovate una ricca photogallery della replica di questa recensione.

Crediti galleria: Lamborghini_Dutch, Belgian-Motorsport, allaguida.it, web.  Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti o eliminare il contenuto.

Darius Kri
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