RECENSIONE AUTOART PAGANI ZONDA REVOLUCION BLUE/BLACK CARBON FIBER 1:18

Il seguente articolo è stato rivisto ed aggiornato: deriva direttamente dalla recensione pubblicata nel 2017 sul gruppo Facebook di DieCast Passion. Di anni ne sono passati abbastanza ma la passione non è di certo diminuita e la qualità delle recensioni è cresciuta esponenzialmente. Si è quindi deciso di trasporla sul sito con l’obiettivo di renderla più godibile e approfondita. Ulteriori aggiornamenti potrebbero arrivare in futuro.

Anticipata qualche tempo fa, finalmente arriva la prima recensione su un modello facente parte della mia collezione privata. Ringrazio MondoModelCars, il negozio dove ho acquistato il modello presente in questa approfondita disamina. Dateci un’occhiata e fate pure il nostro nome.

Ma, bando alle ciance, ritorniamo alla recensione. Oggi parleremo di un modello molto conosciuto ed apprezzato dai fan AUTOart: la Pagani Zonda Revoluciòn nella particolare colorazione Blue/Black Carbon Fiber. La prima pubblicazione della Zonda R risale al 2013. Dopo un anno, nel 2014, venne pubblicata la Revoluciòn con poche differenze: la presenza della “pinna” posteriore e ulteriori colori, tra cui il Blue/Black Carbon protagonista di questa approfondita disamina.

Fifth And Final Pagani Zonda Revolucion: 2014 Geneva Motor Show ...
La Pagani Zonda Revoluciòn al Geneva Motor Show 2014 – Crediti: web

Il modello in mio possesso fa invece parte della seconda ristampa, pubblicata nel settembre 2017. Nonostante l’aumento di prezzo il modello è andato letteralmente a ruba sparendo dai negozi in pochissimo tempo. La decisione di AUTOart di alzare il prezzo riproponendo un modello del tutto identico non è stata vista di buon occhio: un aspetto positivo del brand è sempre stato quello di realizzare modelli totalmente apribili e dettagliati a prezzi abbastanza accessibili per i collezionisti. Ma il rincaro degli ultimi tempi ha sminuito questo indubbio vantaggio. L’introduzione del “composito” nel 2015, che non è altro che ABS (Acrilonitrile Butadiene Stirene) con sottoscocca in diecast, ha promesso un ritorno ai vecchi prezzi ma molti collezionisti non hanno apprezzato a pieno il cambio di materiali. Ne parliamo in questo articolo.

Pagani Zonda Revolucion | terranismo
Il distinguibile profilo della Zonda Revoluciòn – Crediti: web

UN PO’ DI STORIA

La storia di questa vettura inizia nel 1999: l’abbiamo raccontata nella recensione dedicata alla Pagani Zonda F 2005 prodotta da Almost Real in collaborazione con BBR.

LA REPLICA PROPOSTA DA AUTOART

  • Codice modello: AA78273
  • Serie: Signature
  • Data di uscita: 1/2015
  • Seconda ristampa: 9/2017
  • Materiale: DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4)

All’apertura della scatola ci accoglie la tipica manualistica di AUTOart

La confezione della Zonda Revoluciòn, a differenza della maggior parte dei modelli Signature, si presenta col cartonato esterno lucido e di colore nero con logo Pagani in bella vista. Ci accolgono subito il certificato di autenticità (completo di numero seriale), il manuale con i dati relativi al modello e la classica guida che illustra come maneggiare accuratamente la replica e montare gli specchietti (alloggiati dentro un piccolo sacchetto). Classica esperienza in stile AUTOart.

Tolte le varie carte troviamo i due cofani (anteriore e posteriore) alloggiati nel guscio superiore in polistirolo. Estraendo il tutto con cura e posizionando i vari pazzi su una superficie ci accorgiamo immediatamente della forte presenza scenica del modello: è possibile apprezzare fin da subito tutti i particolari della meccanica, complice il fatto che l’auto viene estratta già “svestita”, come a volerci dimostrare con sicurezza di che pasta è fatta.

L’attenzione viene catturata immediatamente dall’enorme propulsore AMG/Mercedes Benz M120 V12 aspirato in grado di erogare una potenza di 800 Cv. È replicato quasi tutto. Sono presenti tantissimi cavi di materiale diverso che si districano tra le varie componenti: alcuni sono in gomma nera, altri sono telati, altri ancora sono trasparenti. La testata è rifinita con stampa a tampone ed è completa di logo AMG, il blocco del cambio è del colore giusto (in grigio scuro) e presenta ogni singolo bullone come nell’auto reale. I collettori e le tubazioni di scarico sono di colore bianco e terminano la loro tortuosa corsa nei quattro scarichi posteriori cromati, dall’aspetto metallico e molto belli da vedere. Lato motore c’è davvero poco da lamentarsi, a parte la presenza di qualche linea di stampaggio che AUTOart poteva evitare.

Ogni minuto si scoprono dettagli nuovi, come un nuovo tubicino che era sfuggito o un nuovo componente nascosto chissà dove. Le sospensioni sono perfettamente funzionanti: i triangoli sovrapposti (completi di logo Revoluciòn) sono infatti in metallo così da garantire un cinematismo preciso ed efficace. Sono presenti serbatoi e vaschette in ogni angolo. Il motore è, a pieno titolo, il pezzo da novanta dell’intero modello ed è apprezzabile l’utilizzo del metallo su più componenti, come i tiranti che sorreggono il diffusore o il telaio tubolare che collega il sistema di sospensioni alla scocca. Tutto ciò conferisce robustezza e qualità alla replica.

Spostandoci verso la zona frontale del modello è subito chiaro che AUTOart non si è risparmiata neanche qui: le prese d’aria frontali, che incanalano i flussi verso i potenti freni, presentano la più pregiata trama in fibra di carbonio stampata. Le sospensioni anteriori cercano quasi di nascondersi dietro il telaio ma sono lì: il sistema di triangoli sovrapposti e molle elicoidali sono azionabili e interamente realizzati in metallo. Apprezzatissima la presenza del gancio di traino rosso fissato con due piccole viti alla scocca dell’auto. Al centro è visibile la sede del pilone centrale del cofano anteriore.

Ai lati sono visibili i tubi in gomma morbida che veicolano l’aria fredda all’impianto frenante. A lato abbiamo i tiranti in metallo che si innestano sul telaio. La parte centrale (che probabilmente copre un radiatore) è purtroppo rifinita interamente con stampa in rilievo. È un limite a cui si può soprassedere considerando il numero di dettagli ma sicuramente sarebbe stata gradita avere l’intera sezione anteriore rifinita con stampa a tampone. Altro aspetto migliorabile: se provate a sterzare le ruote vi accorgerete che l’angolo è molto ridotto. Personalmente posiziono i modelli sempre con le ruote diritte ma per chi ama ruotarle non potrà farlo più di tanto.

Le ruote rappresentano su un modello il 50% o quasi dell’aspetto esterno. Se l’esecuzione è scarsa l’intero modello perde di realismo. Beh, sicuramente non è questo il caso. AUTOart ha realizzato egregiamente le grandi ruote da 19′ (anteriore) e 20′ (posteriore). I cerchi in magnesio forgiato (dipinti in nero lucido) sono molto fedeli e completi di dado centrale. Il colore e la finitura dei dischi autoventilati è accurata così come la forma delle pinze, complete di logo Pagani. Fa piacere vedere la presenza delle valvole di gonfiaggio, forse leggermente fuori scala ma si nota davvero poco. Le marchiature Pirelli PZERO completano un’ottima realizzazione. Essendo pneumatici da pista il battistrada è liscio ma l’effetto di abrasione che vi è stato applicato li rende realistici.

Per gli impavidi che sentano la necessità di smontare le ruote, dovrebbe bastare fare delicatamente leva con un cacciavite sul coprimozzo centrale. Dietro dovrebbe esserci una vite che, una volta svitata, dà la possibilità di estrarre la ruota.

Il magnete del cacciavite evita di perdere le piccole viti presenti sul modello

Il cofano anteriore è quasi del tutto in metallo, infatti si avverte un certo peso se tenuto in mano. I convogliatori di flusso laterali sono però realizzati in plastica. Ciò non sminuisce particolarmente la qualità di questa sezione del modello ma avrei preferito che fossero rifiniti con la stampa a tampone invece che con la economica stampa a rilievo. AUTOart fornisce in dotazione un comodo cacciavite magnetizzato così da facilitare il montaggio degli specchietti laterali tramite una piccola vite alla base: la sottile asta, essendo in metallo, aiuta a conferire solidità al pezzo.

La faccia interna del cofano riserva una gradita sorpresa. Essendo una zona nascosta mi sarei aspettato una finitura con stampa a rilievo ma è così solo in parte: la zona centrale è rifinita con la stessa qualità dell’esterno, con stampa a tampone. Sono presenti le due cinghie laterali che “allacciano” il cofano all’auto. Sono in gomma morbida, abbastanza delicate e credo che sarebbero dovute essere di colore blu e non grigie. Spero non induriscano nel tempo: sarebbe stato opportuno realizzarle in cuoio. Un consiglio onde evitare danni: se disponete le cinghie sotto le aperture non dimenticate di aprire prima gli sportelli e solo dopo il cofano anteriore. Altrimenti rischiate di strappare le cinghie. Lo stesso accorgimento vale per il cofano posteriore.

L’ampio cofano motore è imponente e ricco di elementi aerodinamici e dettagli. In questa foto il modello è esposto alla luce solare al fine di evidenziare la tonalità di blu riprodotta da AUTOart, molto simile a quella dell’auto reale ma forse un poco più scura. Il grande alettone posteriore è replicato in tutte le sue componenti. Il cofano si alloggia tramite due pioli metallici all’anteriore e due fori accanto ai piloni dell’alettone: non sempre combacia immediatamente, dovrete giocare un po’ sino a quando si assesta.

Una volta montati i cofani perdiamo il fascino della meccanica a vista a favore delle particolari linee esotiche della vettura. Le proporzioni e l’assetto sono rispettati e le shutlines sono abbastanza ridotte. Ritornando alla questione colore, la tecnica utilizzata da AUTOart fa sì che il colore dia il meglio di sé, purtroppo, solo se esposto alla luce diretta. Questo poiché la pittura non è abbastanza lucida.
Come ben sapete l’auto reale è interamente in fibra di carbonio e Horacio Pagani ha scelto un bi-cromatismo nero/blu. La fibra di carbonio risulta sempre “lucidata a specchio” a causa del processo di produzione e dalla presenza di un lucido finale applicato sulla carrozzeria. Il modello AUTOart invece risulta una via di mezzo tra una superficie lucida e una opaca.

Sicuramente il modello avrebbe avuto un aspetto più realistico qualora AUTOart avesse aggiunto uno strato di lucido supplementare a copertura della stampa a tampone, tecnica che utilizzano per ricreare l’effetto in fibra di carbonio. Probabilmente ciò non viene fatto per una questione di costi e gestione. AUTOart, di fatto, crea una base lucida dove in seguito viene “stampato” a tampone la trama che andrà a creare l’effetto finale della fibra di carbonio. Le centinaia di piccole linee della trama opacizzano la pittura di base. Questo aspetto non lo considero un grave difetto ma spero che AUTOart comprenda che la tecnica utilizzata ha dei limiti e dovrebbe essere rivista o cambiata. Ad ogni modo, la tecnica di stampa a tampone ha il grande pregio di essere molto precisa anche laddove le superfici siano molto irregolari: non si scorgono mai disallineamenti della trama o difetti di sorta.

L’anteriore e il posteriore sono replicati fedelmente e, come già visto, ricchi di dettagli. Sul frontale sono presenti i piccoli gruppi ottici lenticolari, due per lato. Ovviamente mancano gli indicatori di direzione per via dell’utilizzo in pista. Il parabrezza è impreziosito da varie clip metalliche che lo tengono in posizione. Sul retro sono ben visibili i fari di posizione “a boomerang” tipici della serie R. Al centro abbiamo i bellissimi (e ormai iconici) quattro scarichi incorniciati dall’ampia presa d’aria ovale. Il tutto viene sovrastato dal grande alettone interamente rifinito in fibra. In basso abbiamo il diffusore: purtroppo è rifinito con stampa in rilievo ma si nota solo se si pone attenzione.

Ogni superficie dell’ala posteriore è trattata con la stampa a tampone. I due supporti che collegano l’alettone al cofano sono in metallo così come le paratie laterali rifinite in carbonio. Su di esse sono presenti quattro viti per lato al fine di ottenere un unico pezzo solidale. Fortunatamente, essendo di colore nero, le viti risultano poco visibili. Sui supporti è innestata un’altra piccola ala al fine di aumentare il carico aerodinamico: è rifinita con stampa in rilievo ma la dimensione ridotta fa notare poco questo aspetto.

Il gancio posteriore rosso è uguale a quello presente all’anteriore, molto sottile e realistico. Da notare la sottigliezza della griglia metallica posteriore che lascia intravedere con facilità gran parte degli organi meccanici e conferisce realismo alla replica. Sulla destra è presente il logo Zonda Revoluciòn fotoinciso.

GLI INTERNI

L’abitacolo si presenta bene anche se l’aspetto è veramente spartano a causa del DNA corsaiolo della vettura. Il volante ha tutti i tasti al posto giusto, incluso il contagiri sul piantone e il controllo DRS. La corona avrebbe dovuto avere una finitura che simulasse l’alcantara invece sembra in pelle. Subito dietro abbiamo la strumentazione a cristalli liquidi: essendo spenta non viene visualizzato nulla. Presenti anche le due levette del cambio e il cavo spiralato. Al centro del tunnel sono visibili alcuni cavi elettrici che si dipanano verso il posteriore. Le cinture sono in vera stoffa e il telaio interno (in carbotanio) è replicato bene anche se capita si vedere tracce di colla tra le giunzioni. Purtroppo, che la plancia non sia realizzata con stampa a tampone (che invece ritroviamo sul tunnel centrale e sui fascioni laterali) ma è realizzata in rilievo come visto in altre parti del modello.

Gli inserti in blu ricalcano quelli della Zonda Revoluciòn. Peccato che la riga di stampaggio dell’estintore sia troppo evidente. Inoltre, risulta troppo evidente che le due prese d’aria circolari, sopra la plancia, siano chiuse: si sarebbe potuto ricreare la forma delle bocchette d’aerazione per conferire più realismo. Apprezzibile la presenza della stampa a tampone sul retro dei sedili. Sulla plancia non mancano i comandi della mappatura del motore, aria abitacolo e luci, corredati da minuscole scritte leggibili solo con l’aiuto di una lente. La maggior parte di questi comandi sarebbero dovuti apparire però come levette basculanti ma AUTOart ha deciso di trascurare questo piccolo aspetto. I due manettini blu (ABS MAPS, ENGINE MAPS) sono appena abbozzati, così come il tasto verde dello Start. Nel complesso però l’abitacolo risulta ben realizzato e pieno di particolari.

Alla luce del sole la doppia colorazione blue/black dà il meglio di sé

Come già menzionato sopra, il colore è molto più apprezzabile alla luce diretta del sole o di una fonte luminosa artificiale. Il contrasto tra il nero e il blu si fa più forte e la trama in fibra di carbonio prende vita, mostrando maggior vitalità. Ribadisco la parziale mancanza di lucentezza della pittura che avrebbe conferito al modello ancora più spettacolarità e soprattutto fedeltà rispetto la vettura di riferimento. In alto è visibile l’air scoop (purtroppo chiuso, senza alcuna griglia) che incanala l’aria sino all’aspirazione del potentissimo motore posto sul retro. Anche le due piccole prese d’aria dinamiche risultano chiuse ma pur sempre belle da vedere. I grandi loghi Pagani di colore bianco (presenti sul parabrezza e sull’alettone) sono realizzati con la stampa a tampone.

Infine, è bene riflettere sul fatto che una replica di questo livello dà la possibilità di essere esposta aperta senza risultare banale, apparendo ancor più interessante agli occhi di chi la guarda per via dei tanti dettagli visibili lato meccanica: propulsore, sospensioni, tiranti, telaio, tutto è godibile con estrema facilità. Questa caratteristica rende la Zonda Revoluciòn uno tra i modelli più particolari e scenici di sempre del panorama AUTOart, in barba al crescente numero di modelli in resina degli ultimi 10 anni.

CONCLUSIONI E PAGELLA

Si conclude un breve viaggio che ci ha visto esaminare uno dei più amati modelli prodotti da AUTOart. Risulta quasi scontato consigliare un modello di questo calibro: è un “must” che qualsiasi collezionista dovrebbe avere in vetrina. La Zonda Revoluciòn è composta di circa 700 parti (numero davvero elevato per una AUTOart) e offre una presenza scenica non indifferente che verrà amplificata qualora si scelga di esporla “nuda”: l’intera meccanica visibile è un vero inno ai modelli apribili e all’amore per i piccoli dettagli che fanno la differenza.

Vi sono alcuni aspetti che potevano essere migliorati, come il ridotto angolo di sterzata delle ruote, la presenza di alcune linee di stampo, alcune superfici con fibra in rilievo invece dell’utilizzo della stampa a tampone e alcune tracce di colla evitabili. Ma il difetto più grande (ma paradossalmente meno attenzionato dai collezionisti) risulta essere la parziale lucentezza della pittura esterna, “colpa” della tecnica a tampone utilizzata da AUTOart, che non restituisce quella finitura lucente tipica della vera fibra di carbonio ma scende ad un compromesso forse troppo grande. Mi auguro che nel futuro AUTOart migliori l’esecuzione o scelga l’utilizzo delle decal.
Il prezzo è purtroppo elevato (a settembre 2017 costava a circa 380-400 euro) poiché la seconda ristampa ha visto un aumento dei prezzi. Credo valga la pena di averla in collezione ugualmente anche perché, ad oggi, non esistono valide alternative e il modello proposto da AUTOart offre quanto di meglio oggi si possa avere lato hypercar.

LA PAGELLA DI DIECAST PASSION

Esterno: 8,5/10

Interni: 8/10

Motore: 9/10

Materiali: 8/10

Fedeltà: 8,5/10

TOTALE: 42,5/50 [Ottimo]

Nota: da 0 a 10 Insufficiente; da 10,5 a 20 Sufficiente; da 20,5 a 30 Discreto; da 30,5 a 40 Buono; da 40,5 a 50 ottimo.

Per un confronto con la vettura reale, di seguito una galleria dedicata a questa storica vettura della casa di San Cesario Sul Panaro.

Qui invece trovate una ricca photogallery della replica di questa recensione.

Crediti galleria: car-revs-daily.com gtspirit.com, web. Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti o eliminare il contenuto.

Darius Kri
Darius Kri
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