RECENSIONE AUTOART PORSCHE 356 FERDINAND 1950 1:18

UN PO’ DI STORIA

Nel 1948 un forte rombo fuoriesce dalle pareti di legno di una vecchia segheria, riecheggiando tra le sponde dei fiumi Malta e Lieser. Nella cittadina di Gmund si sentono nuovi suoni, che appartengono al mondo dell’automobile: in quella segheria è nata la Porsche 356, che porta il nome del suo progettista, ovvero Ferdinand Porsche. La prima roadster, la 356/1, venne completata l’8 giugno del 1948. In seguito, toccherà alla 356/2, una coupé con carrozzeria in alluminio disegnata da Friederich Weber, battilastra proveniente dalla Austro Daimler. Nel 1948 se ne produssero 3, nel 1949 si salì a 25 esemplari mentre nel 1950 se ne produssero 18.

Scocca di una Porsche 356 – Crediti: web
356/2 Gmund (1958-50) – Crediti: web

Furono tutte battute a mano utilizzando un mascherone di legno, un ceppo, un martello e un cannello ossiacetilenico. L’unica versione con motore centrale e telaio tubolare è la 356/1, tutte le altre versioni hanno il motore posteriore a sbalzo e il telaio a piattaforma, fino al 1966. Nella storia della Porsche la Volkswagen fu molto importante, come potete leggere nella recensione dedicata alla Beetle: in un certo senso la 356 è come se fosse la versione sportiva del Maggiolino proprio perché lo stesso Maggiolino è nato da un progetto Porsche.

Mascherone di legno utilizzato nella realizzazione della scocca della 356/1 – Crediti: web

Alla fine del 1950 furono vendute 298 esemplari. Nel 1951 l’offerta dei motori comprendeva tre cilindrate: 1100, 1300 e 1500 cc. Nel 1952 debuttarono le nuove versioni Super per alcune cilindrate, con cambio sincronizzato e il modello America Roadster prodotto però in soli 16 esemplari. La coupé costava di listino 9.950 marchi, una cifra non di certo bassa, ma non esagerata se si pensa che la vettura era costruita a mano e che col tempo sarebbe diventata il fiore all’occhiello del marchio.

Cutway di una Porsche 356 B – Crediti: sconosciuto

Il dépliant la descriveva così: “Peso contenuto, motore elastico con alta potenza specifica, linea perfettamente aerodinamica sono le caratteristiche principali di questa sportiva di razza, piena di temperamento. La berlinetta aerodinamica Tipo 356 soddisfa anche l’automobilista più esigente e difficile! Velocità massima 140 km/h. Eccellente accelerazione. Eccezionale attitudine alla marcia in salita…”. Il successo ottenuto da questo nuovo costruttore di nome Porsche lo porterà a trasferire la produzione dalla vecchia segheria di Gmund in alcuni locali a Stoccarda-Ziffenhausen.

Il modello replicato da AUTOart è la 356 (prodotta dal 1950 al 1954) con motore Boxer 4 cilindri a sbalzo da 1.086 cc raffreddato ad aria e una potenza di 40 CV con un pianale in lamiera solidale con la carrozzeria che fa sì che la il tutto abbia un comportamento portante. La meccanica era di stretta derivazione Volkswagen. La velocità massima raggiunta era di 140 km/h. È di fatto l’esemplare esposto al Museo, conosciuto come “Ferdinand”, ed era il regalo che Ferdinand Porsche ricevette per il 75esimo compleanno il 3 settembre 1950.

Porsche 356 del 1950 – Crediti: web

Un’altra caratteristica tipica della 356 è il sistema di sospensioni a bracci oscillanti di torsione anziché a molle, il tutto completato dalle molle elicoidali. Questo schema, seppur rivisto e migliorato, sarà perpetuato fino alla 911 del 1989. Il resto delle componenti meccaniche è tutto tradizionale: sterzo a vite e rullo con comportamento dolce, frizione monodisco a secco (Sachs) e cambio a 4 marce più retromarcia, che fu reso sincronizzato dal 1952 in poi.

LA REPLICA PROPOSTA DA AUTOART

  • Codice modello: AA77946
  • Serie: Millenium
  • Data di uscita: 2/2011
  • Materiale: DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4)

Dopo aver recensito la Volkswagen Beetle, era quasi naturale porre l’attenzione alla sua “sorella” più sportiva, ossia la Porsche 356, nello specifico la versione Ferdinand nel colore nero laccato, un nero profondo e lucente, ben steso, che dona eleganza alle dolci curve di questa vettura. Anch’essa contribuisce ad arricchire la già fornita serie Millenium: il modello fu pubblicato da AUTOart il 10 febbraio 2011. Il 29 dicembre 2013 fu la volta della versione color “Fish Silver Gray”, molto particolare con i suoi interni in color rosso. Ovviamente AUTOart pubblicò anche diverse versioni della Speedster, ma in questa recensione ci focalizzeremo sulla versione coupé della 356, nella colorazione Black.

Inseguivo questo modello da diverso tempo, inutile dire che ormai (dopo ben 10 anni dalla sua uscita ad oggi nel 2021) è molto difficile da trovare e spesso viene venduto a prezzi molto elevati. Questa recensione, infatti, non ha l’obiettivo di consigliare o meno l’acquisto del modello, è di fatto una retrospettiva con un fine “storico” e divulgativo. Ad ogni modo, se in collezione avete la Beetle o una 356 è ovvio che dovreste averle entrambe. Sono due auto strettamente connesse tra loro.

Il modello si presenta nella solita scatola finestrata nera con sigilli in filo metallico, odiosi per la maggior parte dei collezionisti: far danno è davvero facile. State sempre attenti nel toglierli. Il lavoro di verniciatura del modello è eccellente: il colore è profondo e coprente, senza nessun effetto “buccia d’arancia” o sbavature. Inoltre, la verniciatura è molto lucida e ciò enfatizza molto le linee della vettura. La qualità mi ricorda quella della 33 Stradale Prototype.

L’ESTERNO

L’assetto e le proporzioni della vettura sono corretti. Forse l’altezza della spalla dello pneumatico è un poco più alta nel modello, ma probabilmente è una mia impressione. Le shutlines sono ottime, un po’ generose quelle degli sportelli, ma la colorazione nera aiuta a percepire meno la cosa.

Tutte le cromature creano un bel contrasto col profondo nero della carrozzeria. Tra tutte spiccano i grandi coprimozzi cromati, che esaltano incredibilmente le ruote e l’intero aspetto del modello. Ben scolpite le maniglie, sempre in cromo, così come la cornice che contorna i finestrini degli sportelli.

I tergicristalli non risultano fotoincisi ma sono realizzati abbastanza bene e la cromatura sicuramente migliora l’aspetto, anche se sembrano un po’ opachi. Vicino è possibile notare il piccolo ugello del lavavetro, anch’esso rigorosamente in cromo. La cornice del parabrezza (ancora divisa in due parti nella versione 1950) presenta, correttamente, solo la guarnizione in colore nero. Non poteva mancare l’antenna cromata, completa di punta rossa. Purtroppo, non è estraibile ed è in plastica. Quando maneggiate il modello state attenti a non perderla d’occhio…romperla è un attimo. Infatti, sulla rete, vedo sempre più frequentemente Porsche 356 AUTOart con l’antenna danneggiata.

Passiamo al frontale. La replica realizzata da AUTOart si rifà in tutto e per tutto alla vettura esposta al museo Porsche di Stoccarda. Il modello presenta il logo Porsche fotoinciso applicato subito sopra la targa. Molto bello da vedere, peccato che sulla vettura del museo non è presente. Forse AUTOart si è basata su qualche foto d’epoca dove era presenta? Ad ogni modo è un’aggiunta piacevole.

Per il resto è tutto perfetto: gruppi ottici profondi e completi di costolature e bordo cromato, presente la piccola “pinna” cromata al centro del cofano bagagli. Ottima la realizzazione del paraurti con doppia cromatura anche se in questo caso AUTOart ha ripiegato su una pittura più che una vera cromatura. Inoltre, il paraurti dell’auto reale è più tondo alla base, mentre il modello presenta una zona centrale più spigolosa, quasi a punta. La targa è perfetta.

Dietro il modello offre ancora di più: la presa d’aria a griglia rettangolare è la parte migliore. Interamente passante, ottima cromatura. Subito sotto il logo Porsche fotoinciso. Questa volta la presenza del logo è corretta o quantomeno conforme alla vettura esposta al Museo. Scendendo verso il basso segue l’alloggiamento cromato della luce targa e della luce d’arresto. Ai lati, le luci posteriori rettangolari e i lampeggiatori tondi, completi di cornice cromata.

Il paraurti è corretto nella forma ma le cromature sono dipinte con una pittura grigio cromo più che cromo vero, come per il frontale. Sotto i due tubi di scarico in metallo, molto belli da vedere, aumentano sicuramente il realismo del posteriore.

Gli elementi più belli degli esterni sono sicuramente le ruote. La vettura reale ha cerchi in lamiera stampata da 15 pollici con coprimozzo in acciaio lucidato a specchio. AUTOart ha replicato molto bene le ruote: la dimensione sembra quasi perfetta, ho però l’impressione, come detto prima, che la spalla dello pneumatico sia di poco più alta rispetto alla vettura reale. Potrei sbagliarmi. Ad ogni modo il pattern degli pneumatici è corretto ma come al solito mancano le valvole di gonfiaggio. Ormai abbiamo capito che nella serie Millenium AUTOart li ha omessi completamente.

GLI INTERNI

Come facile aspettarsi, il modello è interamente apribile e riserva alcune piccole sorprese molto gradite dai collezionisti. Ogni apertura è azionabile con facilità e scioltezza, AUTOart ha fatto un ottimo lavoro lato cerniere.

Capire con precisione se gli interni siano fedeli all’originale è stato abbastanza dispendioso. Sulla rete ho cercato immagini relative all’abitacolo della Ferdinand e dopo qualche ora ho finalmente trovato le foto che cercavo. Facendo un confronto con la vettura reale, AUTOart ha replicato quasi tutto con abbastanza fedeltà. Il volante con corona bianca a tre razze è tipico delle versioni del 1950. Le tre razze sono un gran bel vedere, fotoincise e sottilissime. Al centro e distinguibilissimo il logo Porsche. Il fondo è interamente moquettato, ma il colore è troppo scuro: sarebbe dovuto essere di una tonalità simile alle sedute e ai pannelli porta.

Presente il posacenere in argento e il cassettino porta oggetti. Gli indicatori dietro al volante sono corretti. Le decal del contachilometri e indicatore di velocità sono ben leggibili. Sulla sinistra è presente il piccolo indicatore della temperatura dell’olio e sempre sulla sinistra la levetta del blocco dell’accensione. Poco in alto ci sarebbero dovute essere alcune levette legate all’accensione interna dell’abitacolo e dei fari abbaglianti ma AUTOart le ha omesse.

Molto carino il pomello del cambio con effetto legno ma è errato. La Ferdinand esposta al museo lo ha sferico ma di colore bianco e con leva ricurva. Le sedute e i pannelli porta sono dipinti di un tenue grigio opaco che non riesce a restituire appieno la sensazione del tessuto. Sarebbe stato perfetto se AUTOart avesse utilizzato l’effetto “floccatura” sulle sedute e sui pannelli delle portiere. Questi sono ben realizzati, il listello effetto legno convince ma nella vettura reale sono di color nero. AUTOart perché cambi i colori? Sono presenti anche i piccoli rivetti che fissano il pannello, in argento (corretti). Dal piccolo lunotto posteriore è ben visibile la piccola zona di carico ricavata dietro le sedute, anch’essa con moquette grigio scuro, completa di due ganci cromati.

Insomma, gli interni complessivamente sono belli da vedere e ben realizzati ma AUTOart ha commesso alcune inesattezze nei colori e qualche omissione che poteva di certo evitare.

MOTORE E MECCANICA

La qualità del motore e le componenti ricordano subito quelle della Beetle: il motore, come detto prima, è di derivazione Volkswagen. Salta subito all’occhio il grosso filtro dell’olio arancione, posizionato al centro. Subito in basso, nascosto, lo spinterogeno color marrone. A destra la cinghia relativa alla puleggia del generatore, mentre a sinistra (in nero) è ben visibile la bobina di accensione. I pezzi più belli da vedere sono sicuramente i due filtri dell’aria per bancata, in argento, posizionati sopra i due carburatori Solex. A fare da contorno sullo sfondo, la sede relativa alla grande ventola per il raffreddamento forzato.

La qualità complessiva del propulsore non è male e forse ha una resa di poco superiore alla Beetle. Qualche tubicino qua e la completa il tutto. Ad essere pignoli AUTOart avrebbe potuto inserire la targhetta gialla posizionata sulla sede
della grande ventola e quelle applicate sul filtro dell’olio. La sede della ventola sarebbe dovuta essere in nero lucido. Inoltre, l’utilizzo massiccio del grigio rende il motore meno realistico: i carburatori Solex sarebbero potuti essere colorati in bronzo così da dare più realismo e vivacità all’insieme. Sono piccoli dettagli che fanno la differenza su un modello di fascia medio/alta.

Sulla rete non ho trovato alcuna foto relativa allo scompartimento anteriore, quindi dobbiamo fidarci di AUTOart. L’esecuzione complessiva è ottima. Il serbatoio del carburante in nero opaco restituisce la sensazione del metallo pitturato. Molto bello il tappo tondo cromato. La ruota di scorta è ben realizzata ma non è estraibile come lo è per la Beetle. Presente anche il kit attrezzi e l’asta in metallo ferma cofano. Le cerniere sono ben realizzate, precise e scorrevoli.

Crediti: diecastsociety

Il fondo del modello è in linea con quanto visto nella serie Millenium. Il pianale portante scatolato in acciaio è ben visibile al centro. La parte più bella sono sicuramente i due scarichi in metallo che fuoriescono dal piccolo motore Boxer a sbalzo.

La meccanica delle sospensioni è discretamente realizzata. All’anteriore è apprezzabile la barra di torsione con bracci longitudinali oscillanti e la barra stabilizzatrice. Posteriormente invece abbiamo i semiassi oscillanti con barre di torsione e ammortizzatori idraulici telescopici. Purtroppo, tutta la meccanica relativa alle sospensioni è di un anonimo color nero. Inoltre, non credo che posteriormente le sospensioni siano attive. Ben visibile il basamento del motore Boxer.

CONCLUSIONI E PAGELLA

Il modello ha una qualità in linea con ciò che ci si aspetta dalla serie Millenum. Verniciatura esterna eccellente, ottime cromature, belle ruote ed interni ben eseguiti. Peccato che AUTOart abbia commesso degli errori riguardo i materiali dell’abitacolo (i listelli delle portiere e il cambio non hanno la trama color legno ma sono neri), la moquette è troppo scura ed è un peccato che la ruota di scorta non sia removibile. Il modello però è molto bello da vedere e in accoppiata ad una Beetle o a qualsiasi altra Porsche dell’epoca rende tantissimo.

La consiglio? C’è chi dice che la Schuco 356A sia migliore. Probabilmente è così, ma osservando quel modello vedo anche grosse linee di stampo sul cruscotto e una grana troppo grossa della vernice metallizzata. Inoltre, la versione Schuco è la 356A Carrera Coupé, molto diversa dalla Ferdinand. Quindi dipende da cosa cercate voi. L’ideale, forse, sarebbe averle entrambe. La Porsche 356 Ferdinand di AUTOart, anche se presenta piccoli errori e mancanze, sicuramente merita. Lo dimostra anche il fatto che nel giro di qualche anno sia sparita dalla circolazione. Quindi si, la consiglio: è il modello ideale per un appassionato Porsche e merita di stare nelle vostre vetrine a patto che lo si acquisti al giusto prezzo.

CONCLUSIONI E PAGELLA

Esterno: 8/10
Interni: 8/10
Motore: 6,5/10
Materiali: 7/10
Fedeltà: 7/10
TOTALE: 36,5/50 [Buono]

Nota: da 0 a 10 Insufficiente; da 10,5 a 20 Sufficiente; da 20,5 a 30 Discreto; da 30,5 a 40 Buono; da 40,5 a 50 Ottimo.

Per un confronto con la vettura reale esposta al Museo di Stoccarda qui di seguito una breve galleria.

Qui invece trovate una ricca photogallery della replica di questa recensione. Alla prossima!

Crediti foto: secret-classics.com, sconosciuto, web. Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti.

Darius Kri
Darius Kri
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