Alfa Romeo 33 Stradale AUTOart

RECENSIONE AUTOART ALFA ROMEO 33 STRADALE PROTOTYPE 1:18

INTRODUZIONE

Benvenuti ad una nuova recensione/retrospettiva. Spesso, tutte le recensioni di DieCast Passion lo sono, poiché trattano modelli pubblicati oramai anni fa. Viene posta attenzione alla storia del modello oltre che alle sue caratteristiche. Quindi l’obiettivo principale non è quello di porre un mezzo di discernimento al lettore, facilitando la scelta del modello, ma di raccontare la storia di quel determinato modello e cosa ha rappresentato nel panorama collezionistico. Questa recensione, a differenza di tutte quelle uscite sino ad oggi, sarà più impegnativa poiché doppiamente storica: il modello in questione è oramai “sparito” da tempo, inoltre è una vettura alla quale tengo particolarmente. Perciò ho deciso di introdurla nel miglior modo possibile, elencandone le caratteristiche tecniche con precisione, raccontando la sua storia. Stiamo parlando di una delle vetture più belle al mondo, un orgoglio italiano. Quindi sedetevi comodi, magari con qualche stuzzichino a portata di mano e…non resta che augurarvi buona lettura.

STORIA DELLA VETTURA

Dopo mezzo secolo, è ancora una delle vetture più belle della storia dell’automobilismo. Quando apparì per la prima volta nel 1967 fece sognare: linee morbide, sinuose ma allo stesso tempo aggressive. Quel motore V8 da 230 CV sarebbe stato benissimo su una Lola sport o una Elva dell’epoca se non fosse per quello scudetto al centro della presa d’aria e il Biscione visconteo in punta di muso: ebbene sì ragazzi, stiamo parlando dell’Alfa Romeo 33 Stradale. L’Alfa era finalmente tornata alle gare di massimo livello del Campionato Mondiale Marche. Si sarebbe scontrata con altre leggende come la Porsche Carrera 6 e 8 e la Ferrari Dino 206.

Crediti: Makoto Ouchi

Venne chiamata 33: questa vettura condensava in se la volontà di tornare a partecipare alle gare non più con modelli derivati dalle produzioni di serie (come era avvenuto con grande successo con la Giulia TI Super Quadrifoglio e poi con la GTA). Furono valutate più categorie e fu preferita la Sport-Prototipi perché avrebbe offerto maggiore flessibilità di sperimentazione tramite tecniche avanzate che poi potevano essere trasferite alle auto di serie. Gli ingegneri Orazio Satta e Giuseppe Busso avevano così realizzato il prototipo 105/33 con motore Giulia TZ, che provò a Monza nel gennaio del 1966. Il proseguo della progettazione passò poi all’ingegner Carlo Chiti, che in un altro anno aggiornò il modello con un motore V8 di sua progettazione. Ne furono costruiti soltanto 18 esemplari.

Uno dei primi prototipi prevedeva una diversa forma della presa d’aria anteriore il tergicristallo posto in alto – Crediti: web
Sul posteriore invece la presa d’aria sul cofano motore era divisa in 4 parti – Crediti: web

IL TELAIO: UN CONCENTRATO DI TECNOLOGIA

L’evoluzione della prima 33 richiese ben due anni (dal 1967 al 1968), con cambiamenti alla carrozzeria e all’aerodinamica. Ogni modifica dava via ad una versione della vettura. Il telaio è sicuramente la parte più interessante: ad una prima occhiata sembra inutilmente complicato, in realtà dietro vi è tanta ingegneria e progettazione. La struttura centrale è formata da due tronchi tubolari da 20 cm di diametro e spessore da 2,5 mm, uniti da un elemento trasversale posizionato fra il motore e i sedili. L’idea fu di alloggiare nelle cavità delle tubazioni il carburante (la capacità era di circa 100 litri). Questa particolare struttura a forma di “H” (come vedremo ben replicata da AUTOart) è resa stabile da una struttura posta all’anteriore della vettura, detta “castello”, fusa in elektron (una lega di alluminio e magnesio).

Il “castello” in elektron – Crediti: web

Il “castello” è unito alle teste dei tubi con delle flange e fa anche da supporto alle sospensioni, allo sterzo, pedaliera, cruscotto. Inoltre, tramite un traliccio di tubi sostiene pure i radiatori e le cerniere del cofano. Vi era quindi la necessità di assorbire tutti questi carichi statici e sollecitazioni dinamiche provenienti da tutti questi organi. Di fatto il “castello” va considerato un capolavoro tecnologico: la fusione deve essere eseguita con la massima cura onde evitare nuclei di tensione o la cristallizzazione a causa di un rallentamento o raffreddamento della colata di metallo fuso.

Il telaio della 33 Stradale

Il peso del telaio completo è di 48 kg con una rigidità torsionale di 535 kg/m per grado. Niente male per l’epoca. Se da una parte però abbiamo un telaio originale e tecnologico, dall’altra parte abbiamo sospensioni ortodosse. I bracci dei quadrilateri oscillanti sono in lamiera scatolata, saldati insieme tramite perni e boccole. All’anteriore abbiamo porta mozzi in acciaio forgiato, mentre i posteriori (più grandi) sono fusi in elektron. Col passare del tempo si impose il titanio all’acciaio ove possibile (bulloni, viti, supporti, tralicci), ma solo negli esemplari destinati alle corse più impegnative. Il progetto fu notevole ma non indenne da critiche da parte dei piloti che la portarono in gara.

In foto lo chassis reale di una 33 Stradale: complesso ma efficace – Crediti: web

Di seguito alcuni dati estrapolati dalle prove eseguite da Alfa Romeo:

LA VERSIONE STRADALE

La mitica 33 Stradale è nata del 1967 è ribaltò la consuetudine che aveva Alfa Romeo sino ad allora di adattare le vetture stradali alle corse. Con la 33 Alfa Romeo voleva fare concorrenza alle Dino che nacquero con l’accordo Fiat-Ferrari. La 33 mostrò subito fascino e tecnologia: la linea era qualcosa di mai visto, forme nuove e originali, concepite per le alte velocità e per una clientela sportiva. Ciò che fece Scaglione ha davvero del prodigioso: riuscì a trasformare con maestria le restrizioni tecniche in esercizi di stile, evitando forme sgradevoli dettate dai principi dell’aerodinamica. La vettura debuttò in pubblico al Gran Premio d’Italia a Monza, del settembre del 1967. Il design della vettura era di Franco Scaglione, che aveva rispettato le poche (per fortuna) ma vincolanti istruzioni di Alfa Romeo. La prima tra queste era che la 33 Stradale fosse realizzata in due versioni: la prima detta A (Lusso), doveva essere una gran turismo confortevole, la seconda B (Competizione Gr.4) doveva avere prestazioni non inferiori al 95% della 33 Flèron.

La 33 A prevedeva i vetri di sicurezza, i cristalli laterali discendenti, sedute comode, il riscaldamento dell’abitacolo e rivestimenti per isolarlo dal calore e dal rumore.

La 33 B prevedeva invece finestrini fissi, sedili da corsa e nessun rivestimento isolante.

Da queste specifiche Franco Scaglione dedusse subito che partendo dalla base del telaio della 33 sport-prototipo non avrebbe mai potuto ricavare un’abitabilità interna sufficiente per l’uso quotidiano. Chiese quindi ed ottenne da Alfa Romeo un passo più lungo, ossia da 225 a 235 cm.

DESIGN E AERODINAMICA

L’aerodinamica era la sua musa, ma a questa associò sempre l’eleganza“, racconta la figlia Giovanna. “Conciliava la propria formazione tecnica, da ingegnere aeronautico, con un gusto innato per il bello. Era un designer a tutto tondo“.

Ne uscì fuori un grande esempio di esaltazione aerodinamica unita con una gradevole funzionalità: la vettura è alta meno di un metro. La scelta di portiere convenzionali fu subito scartata poiché avrebbe reso scomodo l’accesso all’abitacolo. Scaglione ideò quindi delle portiere con apertura diagonale verso avanti che interessa anche grossa parte del tetto. Con questa soluzione l’uscita e l’accesso alla vettura è facilitato notevolmente.

Studi sull’aerodinamica della 33 Stradale – Crediti: web

A quell’epoca fu un’impresa non da poco disegnare una vettura così all’avanguardia dal punto di vista aerodinamico. Scaglione non possedeva infatti tutti gli strumenti che esistono oggi. All’epoca non vi era il supporto dei calcolatori e neppure i test della galleria del vento, utilizzata solamente per scopi militari. Il designer fiorentino utilizzò un metodo originale ma che, col senno del poi, anticipò il concetto delle linee di flusso delle moderne simulazioni: fissò dei fili di lana alla vettura è fotografò il loro andamento. L’obiettivo era lo studio dei flussi d’aria attraverso l’analisi dei fili di lana.

Nonostante le limitazioni dell’epoca, dalla sua matita nacque lo splendore che tutti noi consociamo oggi. Un’auto unica nel suo genere che emoziona anche la figlia Giovanna: “Ogni macchina da lui disegnata per me era come una sorella. Ma per me poter provare la 33 era un sogno e non davo pace a mio papà, finché per disperazione non chiese allo sviluppatore Teodoro Zeccoli di farmi fare un giro. Eravamo al salone di Torino e fu la più grande emozione della mia vita!”.

LA REPLICA PROPOSTA DA AUTOART

  • Codice modello: AA70191
  • Serie: Millenium
  • Data di uscita: 11/2012
  • Materiale: DieCast
  • Scala: 1:18
  • Aperture: Si (4)

Il modello fu pubblicato da AUTOart nel novembre del 2012. La serie Millenium aveva già espresso gran parte del suo potenziale che poi vide il suo culmine con la serie dedicata ai modelli Alfa Romeo del Museo Storico. Tra queste toccò finalmente alla Alfa Romeo 33 Stradale Prototype, che molti collezionisti attendevano con trepidazione, vista la bellezza e la particolarità dell’auto.

La scatola è tipica delle serie Millenium più recenti, nera, finestrata e con telaio interno in plastica e basetta nera. A mio parere questo modello meritava una confezione più particolare o la versione antecedente, con guscio in polistirolo e cartonato esterno. Ma entriamo nel vivo della recensione.

AUTOart è riuscita a trasmettere le caratteristiche e le particolarità della vettura reale: il modello risulta compatto, sinuoso e molto basso da terra. Probabilmente, se lo possedete, è uno dei modelli più piccoli della vostra collezione. Le shutlines sono ottime ed è subito apprezzabile il particolare tettuccio in cristallo e le incredibili linee che hanno reso celebre questa iconica vettura. La verniciatura risulta omogenea, vellutata e del giusto spessore su ogni superficie.

Un ripasso alle caratteristiche tecniche di questo gioiellino non guasta mai

L’ESTERNO

Esaminiamo nel dettaglio la replica. Il frontale ricalca fedelmente la controparte reale in tutte le sue caratteristiche. Le grandi calotte dei fari anteriori non distorcono la luce, sono sottilissime ed aderiscono perfettamente alla carrozzeria. Molto belli i fili cromati che contornano i fari calettati, sottili e dalla cromatura perfetta. Manca la presenza di alcuni piccoli rivetti ma vista l’esigua dimensione è un’omissione accettabile.

Il piccolo scudetto anteriore, anch’esso cromato, adorna la presa d’aria anteriore con griglia passante dalla maglia molto fitta ma leggera, come ormai AUTOart ci ha ben abituato.

La “leggerezza” della griglia metallica lascia intravedere molto bene il radiatore retrostante, che restituisce un bel riflesso metallico alla luce del sole, donando realismo alla riproduzione.

Il logo Alfa Romeo è una decal ma è ben eseguita: molto nitido e con disegni in rilievo. È tutto distinguibile ad occhio nudo, a patto che ci vediate bene da vicino ovviamente. In questa foto è ancor più apprezzabile la sottigliezza della griglia anteriore e la bontà delle cromature. Mi ripeterò anche sulla verniciatura: davvero omogenea, senza la minima traccia del fastidioso effetto “buccia d’arancia”, presente invece su altre realizzazioni di AUTOart.

Una menzione particolare meritano i gruppi ottici anteriori. I fari parabolici (divisi in tre sezioni) sono replicati in modo realistico. Sono visibili le costolature della lente di Fresnel e il logo della Marchal (è possibile intravedere il piccolo scudo centrale con la M al centro). Sono visibili anche le piccole lampadine poste al centro dei riflettori. La qualità dei fari, in questo caso, non è molto dissimile dai modelli CMC di fascia alta.

Tutti i cristalli del modello risultano sottilissimi. Ciò fa in modo che non via alcuna distorsione della luce: su questo aspetto AUTOart si è sempre distinta. Pensate che marchi autorevoli come CMC fallivano miseramente su questo aspetto sino a pochi anni fa. La cromatura che corre lungo il parabrezza è sottile quasi come un filo. Un piccolo appunto: le shutlines delle portiere risultano leggermente “arrotondate” nella zona vicino al parabrezza. L’effetto è davvero minimo ma avrei preferito non ci fosse.

In questa foto si apprezza ancor di più la sottigliezza delle griglie. In larghezza queste due prese d’aria non superano nemmeno il centimetro, eppure la griglia riesce a rimanere abbastanza densa, comprendo bene le aperture. Ciò dimostra un’accurata scelta della scala.

Il primo piano della foto in alto enfatizza il profilo della sezione frontale del modello. Da notare la bontà delle cromature attorno le calotte dei fari e la mancanza di spazio tra esse e la carrozzeria. Gli accoppiamenti risultano molto precisi.

Peccato che i finestrini laterali con apertura scorrevole potevano essere realizzati meglio: la guida del finestrino in plexiglas non è un pezzo a parte ma tutto è “fuso” insieme e viene evidenziato solo tramite il rilievo. Se AUTOart avesse replicato una vera guida con finestrino azionabile il modello ne avrebbe giovato tantissimo. Anche il bocchettone vicino la piccola presa d’aria non è apribile. Forse stiamo dimenticando che è pur sempre una Millenium. Meglio tornare coi piedi per terra.

La “celebre” presa d’aria ripresa nella più recente 4C, anch’essa con griglia passante sottilissima, è un gran bel vedere per gli occhi. Grazioso il nottolino della serratura in cromo della portiera, manca però la fessura della serratura. Poco male. Vi ricordo, nuovamente, che stiamo parlando di un modello Millenium. AUTOart con materiali “poveri” e pochi pezzi è riuscita a creare una replica di ottima qualità. Bisogna rendergliene merito.

Il tergicristallo ha un discreto aspetto ma non fa gridare al miracolo. Se AUTOart avesse scelto di realizzarlo fotoinciso e in metallo il modello ne avrebbe giovato parecchio. Ad ogni modo l’ottima cromatura “maschera” questa mancanza abbastanza bene, ma gli occhi più attenti lo noteranno. Bellissime invece le cerniere a vista delle portiere: sono precisissime ma altrettanto delicate: apritele con cautela e non forzate mai il movimento.

Non potevano mancare di certo i loghi Quadrifoglio e del team Autodelta. Entrambi abbastanza nitidi e ben posizionati, arricchiscono e completano l’esterno di questo particolare modello. Sottolineo nuovamente l’aspetto un po’ “tondeggiante” delle shutlines in alcune zone. Vi è da chiedersi se anche la vettura reale lo fosse in quei punti.

Il posteriore è probabilmente, la parte più bella della vettura. AUTOart ha replicato bene l’altezza da terra, i quattro scarichi posteriori e il cambio che fa capolino da sotto la vettura.

AUTOart riesce sempre a restituire un “senso di profondità” anche ai gruppi ottici posteriori. Sulla la 33 Stradale ci riesce bene, replicando anche le viti di fissaggio e il catarifrangente centrale. Gli scarichi hanno un aspetto metallico convincente, complete della staffa di fissaggio al telaio.

Le griglie su parafanghi posteriori, che contraddistinguono da sempre la 33 Stradale, sono anch’esse passanti, sempre realizzate in metallo. Le feritoie sul cofano posteriore sono ben replicate, anch’esse passanti. Spicca posteriormente il porta targa col la dicitura “Museo Storico“. Infatti la vettura riprodotta è proprio quella esposta al museo storico di Arese.

Peccato che AUTOart abbia deciso di utilizzare una decal per il logo posteriore. Il risultato finale non è male ma se fosse stata una fotoincisione avrebbe reso maggiormente. Stessa cosa per il logo Alfa Romeo posto sopra. Molto bella la retina metallica che copre i cornetti di aspirazione del poderoso V8. Nella vettura reale le maglie sono molto più sottili ma AUTOart ha trovato il giusto compromesso riuscendo a restituire l’effetto della maglia metallica.

Le ruote restituiscono un aspetto molto convincente. Purtroppo, i freni a disco autoventilanti sono poco visibili a causa del particolare design dei cerchi in lega in color bronzo. La dimensione degli pneumatici è corretta. Purtroppo, mancano le valvole di gonfiaggio e i dadi di fissaggio delle ruote li avrei colorati di grigio scuro. Sarebbero anche state molto apprezzate la presenza di marcature in rilievo sulla spalla degli pneumatici, alcune volte inserite da AUTOart.

Il modello, come di consuetudine, è provvisto della guida sintetica fornita da AUTOart riguardo lo smontaggio del modello dalla base e sul come azionare i cinematismi. Un consiglio: state molto attenti nello “slacciare” i fili metallici dal modello. Le portiere sono molto delicate così come l’intero modello. Danneggiarlo è un attimo.

Sembra superfluo dirlo ma il modello è totalmente apribile, per la gioia di chi ama osservare i dettagli della meccanica e l’abitacolo. È una vera gioia veder “agire” il particolare (e delicatissimo) sistema di cerniere delle portiere e osservare tutti gli organi interni.

Le portiere, a dire il vero, sono un poco “ballerine” e nel richiuderle dovrete giocare un po’ con esse. È un piccolo prezzo da pagare a causa della fedeltà dell’apertura ma ne vale veramente la pena. I piccoli perni metallici posti sul tettuccio compiono a dovere il loro lavoro.

GLI INTERNI

Considerata la “povertà” dei materiali utilizzati per gli interni (solo plastica ma con un ottimo stampaggio), l’utilizzo intelligente della pittura aiuta tantissimo nel restituire fedeltà e realismo. All’abitacolo non manca nulla: le levette basculanti della console centrale sono tutte presenti come anche il bellissimo volante a tre razze con logo Alfa Romeo in nero, il tutto avvolto nel rivestimento in pelle color “testa di moro”. La cuffia del cambio appare però un po’ rigida.

Il maggior compromesso, che tradisce la vera natura di fascia media del modello, è la mancanza della moquette sulle pedane, d’altronde ingiustificata poiché AUTOart non si è mai risparmiata su questo aspetto. Anche le imbottiture ai lati dei battitacchi perdono un po di realismo: invece che semplicemente verniciate sarebbero dovute essere ricoperte anch’esse con moquette. Stessa cosa per i pannelli delle portiere. Molto belle le cinture in stoffa.

Il volante presenta una corona sottilissima e le tre razze sono in metallo fotoinciso. Sono presenti tutti gli indicatori, le levette e i tasti. Le decal sono nitide e quasi leggibili con la giusta luce, specialmente il quadro strumenti circolare dietro al volante.

MECCANICA E MOTORE

Il cofano anteriore è di facile apertura e cela una ruota di scorta (in tutto identica a quelle montate sul modello, anche nelle mancanze), il serbatoio dell’olio dei freni e qualche cavo. Ben visibile il sistema di sospensioni anteriori a doppio braccio oscillante con molle elicoidali e barra stabilizzatrice.

Anche se poco visibile, è possibile notare parte del telaio anteriore (ossia il “castello” in elektron) e gli ammortizzatori funzionanti. Non c’è tantissimo da vedere poiché il bello è riservato al cofano posteriore.

Tutto è ben riprodotto ma la limitata apertura del cofano non consente di scorgere ogni angolo. Il motore è circondato da parecchi cavetti e tubazioni, purtroppo poco visibili perché di colore nero. Non è però pigrizia da parte di AUTOart ma fedeltà alla vettura reale. Gli ammortizzatori (funzionanti) sono ben visibili, forse fin troppo: la controparte reale presenta in arancio solamente il gancio che va ad innestarsi nel telaio. Il resto è di colore grigio scuro. Nella foto sopra è ben visibile uno dei due spinterogeni (di colore marrone) Un piccolo appunto sui cornetti d’aspirazione, il colore cromo è troppo “lucido” rispetto alla controparte reale e li rende meno realistici. Sono sottigliezze che possono essere perdonate.

Nella foto in alto a sinistra è ancor più visibile il telaio che circonda il V8 e i vari cavi che si snodano in varie direzioni. In generale l’esecuzione è ottima: il propulsore è realizzato nella sua interezza, compreso il blocco motore e il basamento che vedremo a breve. A destra è possibile notare che è replicata la presa d’aria anche all’interno del cofano motore. È un piccolo particolare ma che rende migliore una replica.

Il pianale della vettura offre sicuramente qualcosa in più da vedere rispetto alle classiche Millenium. Per fortuna, AUTOart ha deciso di replicare parte della struttura tubolare ad “H” che funge anche da serbatoio del carburante. È anche visibile un abbozzo del “castello” in elektron che sorregge gli organi anteriori. Da questa visuale sono apprezzabili le sospensioni anteriori a doppio braccio oscillante con molle elicoidali e barra stabilizzatrice e quelle posteriori a quadrilateri deformabili con doppio braccio oscillante. Di certo non poteva mancare il basamento del poderoso V8 da 2 litri e parte del cambio circondato da alcune tubazioni e dai bellissimi quattro scarichi cromati.

CONCLUSIONI E PAGELLA

L’Alfa Romeo 33 Stradale Prototype prodotta dalla Casa del Biscione è una leggenda che qualsiasi collezionista che si rispetti dovrebbe possedere. Basti pensare che la storica vettura, venduta nel 1967 al prezzo di 9,75 milioni di lire, oggi ha un valore da collezione che tocca i 10 milioni di euro. Stessa sorte, si fa per dire, è toccata in parte al modello in scala 1:18. Sino al 2013/2014 si trovava ancora qualche pezzo intorno ai 150 euro. Dopo qualche mese, improvvisamente è scomparsa. Ad oggi, sempre se la trovate, potete portarla a casa a prezzi spesso proibitivi e non allineati al valore intrinseco della replica.

Tengo però a sottolineare un aspetto: il modello merita parecchio in termini di realizzazione e, considerato che rientra nella fascia media, offre una qualità dei dettagli particolarmente curata. Inoltre, presenta proporzioni perfette, qualità della pittura eccellente, cromature di prim’ordine e una realizzazione abbastanza fedele di abitacolo e meccanica. Mio malgrado, credo che però ciò non basti per pagarla tre o quattro volte tanto oggi. Il solito consiglio è di acquistarla (ne vale assolutamente la pena) ma al giusto prezzo. Quale? Sta a voi deciderlo, io ho un’idea ben precisa ma non voglio influenzarvi. Posso garantirvi che esposta assieme agli altri modelli dedicati al Museo Storico Alfa Romeo (come ad esempio la Montreal, TZ o TZ 2) otterrete un’esposizione di alto livello e pregna di storia. Questo viaggio finisce qui. Concludiamo con la pagella finale di DieCast Passion.

LA PAGELLA DI DIECAST PASSION

  • Esterno: 8,5/10
  • Interni: 7,5/10
  • Motore: 7,5/10
  • Materiali: 7,5/10
  • Fedeltà: 8,5/10
  • TOTALE: 39,5/50 [Buono]

Nota: da 0 a 10 Insufficiente; da 10,5 a 20 Sufficiente; da 20,5 a 30 Discreto; da 30,5 a 40 Buono; da 40,5 a 50 Ottimo.

Se siete arrivati fin qui ve ne rendo merito! Spero abbiate apprezzato. Per premiarvi ecco una galleria di splendide foto dedicate a questa meravigliosa vettura.

Per un confronto con la vettura reale, di seguito una galleria dedicata a questa storica vettura della casa del giaguaro rampante.

Crediti galleria: topspeed.com, remidargegen.com, panorica.com, web. Qualora riconosceste vostra un’immagine utilizzata nell’articolo o conoscete l’autore contattatecelo in modo tale da aggiungere i crediti o eliminare il contenuto.

Darius Kri
Darius Kri
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2 Comments

  1. […] Il modello si presenta nella solita scatola finestrata nera con sigilli in filo metallico, odiosi per la maggior parte dei collezionisti: far danno è davvero facile. State sempre attenti nel toglierli. Il lavoro di verniciatura del modello è eccellente: il colore è profondo e coprente, senza nessun effetto “buccia d’arancia” o sbavature. Inoltre, la verniciatura è molto lucida e ciò enfatizza molto le linee della vettura. La qualità mi ricorda quella della 33 Stradale Prototype. […]

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